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L’emergenza sanitaria quest’anno impone alle scuole l’organizzazione di Open Day da remoto. Me ne sono accorto perché mi hanno incaricato di realizzare un video di qualche minuto da trasmettere durante l’evento per mostrare gli ambienti in cui si svolge l’attività didattica. O, meglio, nei quali si svolgerebbe a pieno regime se non ci fossero tutti gli accorgimenti e le norme di sicurezza da rispettare.

La chiave di lettura è, come al solito, duplice. Intanto penso che se fossi stato avvisato un po’ prima, e non con qualche giorno di anticipo rispetto alla data individuata per l’incontro, mi sarebbe stato possibile pensare a un format più accattivante per il video. Anche a scuola, come in agenzia, vige l’approccio delle cose all’ultimo minuto e non capisco perché nessuno, a monte, riesca a scardinare questo modo inefficace di lavorare. A questo occorre aggiungere che la realizzazione di un video ai tempi del Covid con aule spoglie per consentire il distanziamento dei banchi, laboratori inutilizzati, personale bendato e mascherato come un’equipe chirurgica, non trasmette certo il flavour di una scuola amichevole e inclusiva. Non solo. Vi sfido a effettuare le riprese indoor a Milano durante la settimana con le giornate più corte dell’anno, specie se è il 2020 e, tra le varie sfighe, si prevede una settimana di maltempo proprio quando devi girare con una telecamera dopo mesi di estate normale e di San Martino.

C’è poi il fattore budget. La scuola pubblica assegna incarichi di questo tipo agli studenti se si tratta delle superiori e, a scendere, ai docenti volenterosi e capaci, a quelli volenterosi e incapaci – la casistica in cui rientro io -, a quelli incapaci e basta che lo fanno perché gli è stato imposto. Le scuole private invece sono tutto un altro paio di maniche. Per loro l’Open Day e il materiale da realizzare è vero e proprio marketing. Per questo si affidano a professionisti e strutture adeguate. Provate a cercare video di presentazione delle scuole e verificate di persona la differenza di risultato tra le due tipologie.

Resta il fatto che i genitori difficilmente recepiscono l’idea di una scuola da una visita di così poco tempo, indipendentemente che partecipino di persona o online e che valutino contenuti dal vivo o in modo asincrono. Le scuole cambiano dimensione a seconda dell’età degli studenti. Per chi ha intenzione di entrarvi saranno sempre enormi. I vostri figli risulteranno sempre piccolissimi rispetto all’ingresso, all’aula magna, alle classi e persino ai banchi che vi verranno mostrati, indipendentemente se siete in procinto di iscriverli a un nido o al liceo. Entrerete in contatto con i prof più brillanti e gli studenti più simpatici, e nessuno vi mostrerà il supplente che cambia ogni anno o i team delle sezioni-monnezza in cui non c’è il becco di un progetto. Se smanettate con i programmi di fotoritocco, procuratevi le foto degli ambienti scolastici che i vostri figli hanno scelto e provate a montare una loro foto, per vedere l’effetto che fa. I ragazzi sembreranno formiche in cattedrali gotiche, veri e propri castelli da film horror nelle cui scale e labirinti si smarriranno tardando alle lezioni dopo il suono della campanella.

Quando giungono all’ultimo anno i ragazzi, invece, ricordano quella scena di “Alice nel paese delle meraviglie” in cui la protagonista riprende le sue fattezze dopo essersi rimpicciolita, e si ritrova inscatolata in una specie di casa delle bambole. Ieri ho avuto un incontro con la mia dirigente nel suo ufficio, proprio quello per avviare l’attività del video per l’Open Day. Prima del mio appuntamento la preside ha ricevuto una collega di matematica della secondaria di primo grado insieme a una sua alunna che, durante la didattica da remoto, ha combinato un bel guaio impossessandosi delle credenziali di accesso alla piattaforma di una compagna e facendo una bravata di cattivo gusto. La ragazza è uscita letteralmente rivoltata dall’incontro, così stravolta tanto da sembrare una ventenne. Anzi, con su la mascherina, di primo acchito l’ho scambiata per una collega. Ho pensato che anche quell’esperienza fosse la dimostrazione di quanto faccia crescere la scuola e di quanto la scuola, anno dopo anno, si faccia sempre più stretta intorno ai ragazzi.

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