un’idea di futuro che mette ansia

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Il nuovo spot del Gruppo FS Italiane, firmato da Saatchi & Saatchi, mette insieme qualche scorcio di vita altrui alle prese con il viaggio di lavoro e di piacere in un’Italia che deve ancora venire ma che oggi non sembra così distante – coronavirus a parte – dal modo in cui è rappresentata. L’idea non è male ma il timbro vira eccessivamente sul cupo e ha quel sapore da Los Angeles distopica ai tempi della Tyrell e dei replicanti Nexus 6 che può liberare in avanti l’immaginario collettivo ma rischia anche di imbrigliarlo nell’ansia, in un momento non privo di incertezze come questo. Il punto è: se devi far sognare gli spettatori gettando il cuore oltre l’ostacolo, oltre l’ostacolo gli devi offrire sicurezza e stabilità attraverso attori che ti prendano per mano e ti introducano al domani, in un ambiente rasserenante. Nello storytelling del Gruppo FS Italiane ci sono solo smart city, boschi verticali e lavoratori del terziario, come se i mestieri manuali e la gente che opera sul campo fosse davvero un’esclusiva dei balli di gruppo con il casco anti-infortunistico giallo, negli spot-musical cantati da Mina. Per le FS invece ci sono solo:
1. informatici che in ufficio non vedono mai la luce del giorno

2. ragazzini che si svegliano alle cinque del mattino per andare al lavoro

3. astronavi nello spazio (scuro) messe a cazzo nella sceneggiatura

4. la solita clip di I-Stock con un ingegnere che usa l’obiettivo della telecamera come se fosse un tablet sprigionando dati inesistenti in natura, anche questa al buio

5. una donna che parte per una trasferta di lavoro prima che faccia luce e che, dall’espressione, si vede che vorrebbe essere ancora sotto le coperte

6. il transito ad alta velocità in galleria

7. il transito ad alta velocità in esterno, rigorosamente in città e di notte

8. una giovane donna in un ambiente chiuso e senza finestre che dall’espressione del viso non sembra molto contenta del lavoro che fa

9. uno studente in una scuola che ha le pareti dei corridoi ricoperte da schermi che raffigurano dati a cazzo, al posto delle finestre, e che non sembra molto contento di trovarsi lì

10. una giovane donna con un sorriso di circostanza chiusa nella sala d’aspetto della stazione e circondata da una realtà aumentata di dati a cazzo e informazioni su arrivi e partenze senza nemmeno un minuto di ritardo

11. e finalmente una famigliola che guarda meravigliata, dalla vetrata di una stazione sopraelevata inesistente di Milano, una Milano altrettanto di fantasia, ma che – malgrado ci sia uno scorcio esterno – risulta in perfetta linea con il mood claustrofobico del resto dello spot. Il padre sembra dire ai figli: “Guardate Milano, non ci arriveremo mai”.

Il bello di viaggiare in treno, a parte leggere, è godersi il paesaggio fuori dal finestrino quando c’è il sole. Attraversando l’Italia con il Frecciarossa da nord a sud, poi, il panorama non è male ed è quasi tutta campagna. Ma probabilmente chi ha deciso questo spot pensa che invece i viaggiatori trascorrano il tempo in treno a seguire, sullo smartphone, spot che prevedono un triste futuro alla Blade Runner. Non male, come idea, in un momento di pandemia globale.

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