rose

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Il teatro è pieno e qualcuno ha portato persino un mazzo di rose per l’attrice protagonista. Noto un uomo vestito da serata a teatro consegnare i fiori in biglietteria, con la preghiera di recapitarli in camerino al termine dello spettacolo. È troppo giovane per essere l’attempato ammiratore col cappello che qualcuno ha ascoltato, poco prima che si spegnessero le luci, confessare la sua smodata ossessione alla coppia di vicini di posto. Ha sostenuto di non essersi perso una replica della rappresentazione e pare si sia preso persino una diffida per questa sorta di stalking d’altri tempi. D’altronde, se non può avvicinarsi all’attrice che vorrebbe sposare oltre una certa distanza, in platee grandi come quella probabilmente ha qualche opportunità di soddisfare la sua brama senza rischiare problemi legali, scegliendo le ultime file – o, meglio, la galleria – acquistando i biglietti on line. Quando vengo a conoscenza di cose come questa ripenso a Cristina, una ragazzina di cui ero pazzamente innamorato in seconda media. C’era il suo indirizzo comprensivo di numero di telefono sull’elenco della Sip, così trascorrevo molto del mio tempo libero appostato dietro un angolo in prossimità di casa sua nella speranza di incontrarla. Ero pronto a farmi trovare casualmente lì ma, malgrado la mia abnegazione, l’evento non si è mai verificato. Forse Cristina non usciva mai di casa, forse mi vedeva dalla finestra e se ne guardava bene, forse era un caso di omonimia del padre a cui era intestato il numero di telefono e non abitava lì. Chissà se queste pratiche ossessivo/compulsive sono ancora in auge, tra i metodi di corteggiamento dei giovanissimi, oppure ci sono analoghi sistemi, ma molto più efficaci, da mettere in atto sui social. Meno male che oggi lo stalking è stato giustamente demonizzato come tutti i comportamenti un tempo ammessi e considerati sopportabili, a partire dal bullismo fino alle sigarette sui treni e nei locali pubblici, per non parlare del servizio militare obbligatorio su cui posso vantare un’altra esperienza personale discutibile. Facevo l’università e avrei voluto evitare la leva optando per il servizio civile ma, come un pollo d’altri tempi, presuntuoso com’ero ho fatto tutto da solo sbagliando la procedura. Sono stato spedito senza tanti complimenti al centro addestramento reclute di Salerno ed è lì che sono venuto a conoscenza delle musicassette “Mixed By Erry”. Poco prima della libera uscita, malgrado la presenza dello spaccio autorizzato come in tutte le caserme, veniva lasciato entrare un furgone nel piazzale dell’alzabandiera. In mezzo a prodotti contraffatti di ogni tipo, le cassette “Mixed By Erry” e le sigarette di contrabbando erano tutto sommato gli articoli meno tarocchi di tutti. Ricordo che, tra una traccia e la successiva, prorompeva al doppio del volume l’annuncio “Mixed By Erry”, registrato con quell’enfasi tipica da DJ mescolata a qualche effetto sonoro dozzinale. Ho scoperto che sta per uscire un film dedicato alla storia delle cassette “Mixed By Erry” che ha, nella colonna sonora, una canzone di Liberato. Non credo che, comunque, lo vedrò. A differenza del teatro, e delle attrici che ricevono le rose in camerino, dei film e delle fiction italiane non doppiate non si capisce una parola. Mi chiedo dove vadano a finire, tutti questi dialoghi. Magari c’è un cimitero, un po’ come quelli degli elefanti, dove i copioni biascicati e spesso privati delle ultime sillabe delle parole vanno a esalare l’ultimo sospiro, uno di quelli che gli attori cinematografici italiani considerano alla base della recitazione. Sarà per questo che i teatri sono sempre pieni e i cinema no.

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