un’insensata voglia di equilibrio

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Chi l’avrebbe mai detto che un giorno ci saremmo dovuti arrendere all’avverarsi di una profezia di un gruppo di mezze calzette come i Negramaro, quando cantavano – con voce tremante – il segno di un’estate che avrebbero sperato non finire mai, peraltro con un frontman che per farsi notare ha giocato a lungo a fare il cosplayer di Samuel dei Subsonica. Anche a scuola non si capisce più niente. Le cornicette sui fogli a quadretti con le castagne, le ghiande, le foglie morte e gli scoiattoli e le tinte tipiche di questa stagione attendono ancora il cambio degli armadi, consapevoli che si passerà direttamente dai ghiaccioli ai bastoni canditi delle strenne natalizie senza passare dalle mezze stagioni. E, oltre all’autunno, abbiamo anche bambini non pervenuti. Famiglie che – legittimamente – rientrano al loro paese di origine durante la pausa estiva e che tornano in Italia rispettando un calendario tutto loro. Non vedo problemi, ma almeno si dovrebbe avvisare i diretti interessati. Qui c’è la scuola dell’obbligo e se procrastini di un mese il primo giorno è sempre meglio comunicarlo, anche solo per evitare il rischio che si avvii la penosa trafila della notifica ai servizi sociali. Abbiamo una lista lunga quanto un foglio A4 di chi li ha visti? e che va dall’infanzia alla secondaria di primo grado. Le lezioni da noi sono cominciate il 12 e una mia alunna, dagli zii in Egitto, si è presentata due settimane dopo. Sarò ossessionato, ma io mandavo mia figlia a scuola anche con la febbre, prima che il Covid cambiasse il significato stesso di indisposizione. Un caso che fa il paio con quell’altra i cui genitori hanno una scansione del tempo tutta particolare. Spesso in ritardo a ritirare la bambina all’uscita, qualche giorno fa per un malinteso di coppia siamo stati costretti ad attendere quasi un’ora, resistendo alla tentazione di avvisare – come imporrebbe la procedura – le forze dell’ordine per abbandono di minore dopo trenta minuti. Il prolungamento della bella stagione influisce anche sull’esperienza di socialità negli intervalli. I bambini rientrano in classe dopo l’ora di gioco successiva alla mensa sudati marci e puzzolenti e vanno avanti e indietro dal bagno a riempire la borraccia per le rimanenti due ore di scuola. Io non mi faccio intimidire perché sono in quinta e vado avanti con quello che mi sono preparato per la lezione. Il nuovo anno ci ha addirittura fatto trovare un favo di vespe in giardino. Un nido in una buca profonda almeno mezzo metro che ha richiesto l’intervento dei volontari locali dei vigili del fuoco. Come vedete, non ci si annoia mai a fare il mio lavoro e se aggiungete il toner della fotocopiatrice che il nostro fornitore non ci ha ancora consegnato e Leonardo, un tipetto occhialuto della terza accanto alla mia classe che urla e scappa dall’aula per motivi ancora ignoti, con le colleghe costrette a inseguimenti che manco agli europei di atletica, il cerchio si chiude. Questo per dire che, come cantava coso lì dei Negramaro, restiamo sul filo del rasoio ad asciugare parole qui, tanto con il caldo che fa non c’è nemmeno il rischio che si bagni il computer.

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