diviso un tempo dalle consuetudini amate, e infastidito nelle più interiori aspettative

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Ragazzi, non rimanete qui, andatevene via. Sì, dico a voi che siete nati qui come me, non mettete radici in questo posto. Nessun legame, niente fidanzamenti precoci con la fauna locale che ti pregiudicano gli spostamenti, o ancora peggio non sedetevi sugli allori della fama che la vostra cittadina di provincia vi riserva da giovani perché sapete fare bene una cosa o perché avete una qualche particolarità. Fuori da questo metro quadro non siete nessuno, non contate un cazzo. Non trascorrete i finesettimana a tessere relazioni e a farvi soffocare dall’apatia dell’assenza di stimoli e di opportunità. Restate a casa a studiare, piuttosto, a pensare a come valorizzare le vostre capacità, ora che avete anche gli strumenti per pianificare al meglio il vostro futuro dalla vostra cameretta passate il tempo in Internet e cercate di apprendere al meglio come potrete sfruttare il vostro talento fuori da qui. Mettete da parte i soldi, quelli che spendete in birre e superalcolici e telefoni cellulari e serate a ballare musica assurda e le droghe del momento per dimenticare il posto in cui abitate e la musica assurda che vi convincono a ballare e colmare con l’assentarvi dal presente quello a cui dovrete rinunciare nel futuro perché non c’è ora e non ci sarà domani, e vi assicuro che non c’è stato nemmeno ieri. Chi vi ha preceduto non l’ha mai costruito perché aveva altre sostanze stupefacenti come la pigrizia, l’illusorio appagamento delle bellezze naturali che poi bellezze non sono perché per arricchirsi in modo da poter rimanere e mantenersi qui chi vi ha preceduto ha rovinato praticamente tutto, precludendo l’unica fonte di futuro che potrebbe essere il richiamare persone a venire qui. Risparmiate quanto potete così da rendervi indipendenti appena avrete l’età e le possibilità per fare armi e bagagli e trasferirvi altrove. Tornate a casa subito, lasciate perdere lo struscio e il bar e gli amici, tornate a casa e dite ai vostri genitori che appena potrete ve ne andrete a studiare fuori, a lavorare altrove, a provare a esportare le vostre capacità per farle emergere perché qui non c’è spazio, non c’è la mentalità, non c’è niente. Ragazzi, non rimanete qui. O se vi piace così tanto questo posto, imparate ad aver cura di voi stessi altrove e poi, al limite, tornate qui ed esercitate quello che avete appreso nell’aver cura del territorio e della società che lo abita. Miglioratelo affinché i ragazzi come voi che vivranno qui nei prossimi decenni possano scegliere e non essere costretti. Io non ci riesco, mi dispiace, di questo posto non salverei nulla. Anzi, dubito che ci riusciate anche voi. Una volta che siete via, e vi capita di tornare, fate come me. Fate finta di non conoscere niente e nessuno e di non ricordare nulla.

troppa grazia

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Il senso di auto-umiliazione che spinge all’eccesso di indulgenza verso i propri detrattori non ha nulla di cristiano, due guance sono già troppe e quando non c’è più alcuna parte del proprio corpo da porgere purtroppo ci sono ancora tanti modi per essere accoglienti verso chi ha già sfondato le porte e si è abusivamente insediato tra i sentimenti di chi soffre di questa patologia e, dopo il saccheggio, vi bivacca pure. L’amor proprio è sacro quanto il rispetto per il prossimo. Persone meno che deboli, non saprei come altro definirle, non esiste un termine scientifico per questo stato psicologico per il quale non si finisce mai di annientarsi contagiando tutti quegli altri che invece si adoperano per il loro bene ma che vengono respinti giù senza distinzione. Meglio starne alla larga, non c’è possibilità di convincerli a desistere dal suicidare la propria dignità a meno di non farsi abbracciare nell’istante letale in cui si appiccano il fuoco. L’equivalente di pagare un articolo in un negozio o acquistare un servizio in cambio di denaro, che già in condizioni normali è soventemente a svantaggio di chi riveste il ruolo di cliente, è un’operazione che non comporta un un sacrificio del fornitore o del commerciante che si priva di una importante parte di sé. Si tratta di una transazione di beni, un passaggio di risorse bilaterale per il quale nessuno rinuncia a qualcosa. La mancia è superflua, anche se dall’altra parte dicono che c’è stata abnegazione. Nessun grado di relazione – stretta parentela inclusa – dovrebbe giustificare chi infierisce su di sé a favore di terzi se i terzi sono i complici di chi opera la negazione della propria persona, oltre ad esserne gli aguzzini, perché si tratta di una lotta impari, almeno due contro un uomo morto, o un nessuno.

se questo non è un uomo

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Ci sono quelli a cui non piace ricevere complimenti per prestazioni tipicamente maschili, quelle da uomo inteso come come individuo appartenente al genere cui appartengo anche io. Nemmeno quella a cui viene d’istinto pensare quando si parla di prestazioni tipicamente maschili delle quali dicono ci si debba aspettare un giudizio femminile, o altrettanto maschile dipende dai casi. Ma senza arrivare a questo, basta un encomio per attività tipo sollevarsi grazie ai bicipiti alla spalliera, sostituire la ruota forata con quella di scorta ammesso che si riesca a capire il funzionamento del cric o imbiancare il soffitto della cucina di una casa di campagna dove le imperfezioni della superficie rendono la sfida incombente alla portata di tutti, dicevo basta un complimento per aver portato a termine una di queste prove che subentra la classica delle più classiche reazioni da imbarazzo. Perché rientrare in questo cliché ti fa sentire uno di quei prodotti dell’industria alimentare che non ti sorprendono per il gusto particolare ma per il fatto che ritrovi lo stesso gusto indipendentemente dal punto vendita in cui lo acquisti. Quei momenti in cui acceleri per levarti d’impiccio in autostrada tra tir e auto nel traffico, e con le mani salde sul volante ti porti in un tratto di corsia libero e ti lasci alle spalle l’ingorgo e chi ti sta a fianco coglie l’innato istinto di lasciarsi guidare dalla padronanza del mezzo e ti accarezza il braccio. Bravo, hai condotto in salvo il branco. O dev’essere la scena di un film, c’è una valigia pesante da portare lungo una scala al piano di sopra e c’è una persona che non ci riesce. Ma ecco il colpo di scena, sono in due a non farcela, così l’encomio questa volta non arriva. Anzi. Da te maschio ci si aspetta la forza come servizio on demand e l’indisponibilità, chiamiamola così, non è una opzione contemplata.

sveglia

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Se guardi indietro e scorgi un fermo immagine di te alle prese con le cose e un approccio alle stesse di un’ingenuità disarmante, di quelle che pensi ma come diamine ho fatto a non capirlo, a non vederlo, a non accorgermene. O magari l’avevi capito, l’avevi visto e te ne eri accorto ma ti sembrava una possibilità remota, di quelle che nemmeno negli episodi dei telefilm in cui la sceneggiatura deve arrivare ai titoli di coda prima della pubblicità e si trovano tutte le scorciatoie narrative. Non ero io, ti schermisci con te stesso, o pensi che chiunque a quell’età o a in quelle condizioni avrebbe fatto ugualmente. Ma non è vero, intanto perché magari è successo nemmeno due settimane fa, e poi perché mica sono tutti così babbei come te. Non si finisce mai di fare esperienza sul fatto che fare esperienza non sempre vale come protezione totale da se stessi, e quando poi lo racconti puoi usare la seconda persona anche la terza o essere impersonale ma tanto si capisce a chi mi sto riferendo, vero?

l’impresa impossibile

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Un aspetto dell’avere un governo tecnico come quello che è stato chiamato a risollevare le nostre sorti di cui probabilmente non abbiamo tenuto conto è che i vari Monti e Fornero, giusto per citare le due figure che si sentono nominare di più in questo periodo denso di complessità, non si rendono conto di aver a che fare con l’Italia. Voglio dire, una operazione matematica come potrebbe essere una strategia economico-finanziaria per uscire da un momento critico non può essere applicata indistintamente. Intanto perché occorre considerare l’approccio politico, su questo non ci piove, cioè scegliere come tentare una soluzione partendo da una modalità tradizionalmente di sinistra o liberale. Ma questo non dovrebbe riguardare un governo tecnico, lo si è detto sin dal suo insediamento, anche se tutti ormai ci siamo svegliati dall’ebbrezza di avere almeno persone competenti alla guida del Paese e, a freddo, ci siamo resi conto che proprio così progressista questa legislatura non sembra essere. E le suddette operazioni matematiche poi si scontrano anche con i soggetti su cui si applicano e si scopre che la strategia economico-finanziaria non è una scienza esatta se i risultati non sono tutti uguali. Perché i vari Monti e Fornero forse pensano di governare in Germania o in un qualunque altro stato in cui, al netto dell’approccio politico al problema, cittadini e soprattutto imprese si mettono nell’ottica di collaborare e soprattutto non sfruttano a loro vantaggio l’interpretazione dei provvedimenti presi. Voglio dire, delocalizzazione e recruitment naif sono da anni all’ordine del giorno e si annoverano tra le cause del corto circuito che ha confuso intelligentemente l’identità di chi ha iniziato prima, chi ha sferrato il primo colpo del ko sociale che ci ha messo al tappeto. E perché da oggi le imprese non dovrebbero più spostarsi all’estero e usare il licenziamento come arma di restyling societario? Per il bene del Paese?Cari Monti e Fornero, purtroppo vivendo, studiando e lavorando all’estero vi siete abituati troppo bene. Non dovreste sopravvalutarci così.

the ultimate rise of ziggy stardust e tutti i ragni di marte in colonna

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Ziggy Stardust ha 40 anni e il suo autore decisamente di più e ci si chiede dove sia finito, David Bowie. In onore di entrambi la EMI sta per pubblicare una versione rimasterizzata in tutti i formati vinile incluso del concept album a metà tra glam e fantascienza. Inutile sottolineare che questa operazione non mi riguarda perché sono in possesso dell’edizione originale del disco. Ma l’occasione è quella giusta per postare una delle più belle copertine della sua discografia. Via Pitchfork, malgrado la mainstreamness della notizia.

il post fisso

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Quando l’argomento di discussione diventa unico e inevitabile e inevitabilmente se ne parla con quei toni aspri tanto che bruciano poi lo stomaco con tutto quello che mangi di contorno, allora è bene l’isolamento, qualche pagina di libro, il giornale online magari no perché poi leggi dell’articolo 18 e visto che l’argomento è attinente allora tanto vale accettare l’invito per la pausa pranzo con i colleghi. Le cuffie e qualche canzone primaverile, la playlist per i momenti di fuga, tanto il telefono non squilla e le email non arrivano? No, meglio ancora un panino e una mela a spasso per i dintorni, quel po’ di verde che c’è fuori con tutti quelli che cambiano l’aria come te e che lasciano squagliare al sole le placche che l’istinto di sopravvivenza ti fa solidificare sulla pelle. L’immagine è un po’ trash ma il momento giustifica gli anticorpi. E magari ci si addormenta pure sulla panchina.

l’oroscopo di oggi

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Quando mi dici cose tipo che non vedi l’ora di essere in quarta per studiare gli egizi, o che vorresti essere alle medie per risolvere le operazioni di matematica con le lettere al posto dei numeri a me viene un brivido, perché tu non lo immagini nemmeno, non è una mentalità da bambini quella di misurare la decrescita della disponibilità di ciò che si ha davanti. Invece io percepisco parti di me che si allontanano, quantità di quella materia collosa e fluida – me la immagino come miele – che resta attaccata al cucchiaio in quantità decisamente superiore alla sua capacità e che sta alla velocità con cui lo porti alla bocca quanto ne riesci a mangiare e quanto cola dentro al vasetto o quanto va sprecato sulla tovaglietta della colazione. Un sacrilegio, questo, un vero scempio. Il miele avete capito cosa è, comprende anche tutte le risorse collaterali, il cucchiaio ha un orologio che se gli si scaricano le pile comunque funziona lo stesso, l’interprete del goloso di dolci dipende dalle proprie credenze o no, potrebbe essere anche una banale reazione chimica che genera tutto il meccanismo successivo. Così prendi fiato, figlia mia, non ti dannare cercando di anticipare quello che sarà, quello che ti aspetta per essere scoperto, come diventerai, perché io sono uno di quelli che hanno a disposizione una sorta di privilegio da seniority che è la preview di tutto come un livello in semi-trasparenza che ti fa da alone, perché le cose vanno così veloci che sembra di assistere all’ingrandimento di un corpo destinato a crescere, mentre si forma con le nuove dimensioni nello spazio che ha intorno e in batter d’occhio ecco che sei in quarta e studi gli egizi, ed ecco che sei alle medie e risolvi operazioni di matematica con le lettere al posto dei numeri. E non è l’unico potere soprannaturale che si ha la mattina, quello di sentirsi un po’ filosofi ciarlatani. Già prevedo come si svilupperà il giorno. Quando inizia così è un continuo affacciarsi in stanze e scorgere cose belle che in realtà non ci sono ancora.

la giornata mondiale della poesia volge al termine

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Ed è subito sera.

per filo e per segno

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Dopo colazione mia figlia chiede di ripetere la lezione di storia, che consiste in cinque facciate del libro studiate una decina di giorni fa. Per vari motivi in classe non c’è stato ancora il modo di accertare se i bambini hanno studiato e compreso l’argomento (dinosauri e loro estinzione) e solo oggi ci sarà una verifica. La cosa ci era completamente sfuggita, non ci siamo nemmeno preoccupati di fare un ripasso lo scorso fine settimana e ci siamo ridotti all’ultimo momento. E per fortuna che è venuto in mente a lei, e solo lo sforzo di non metterle ansia ci ha impedito di non andare nel panico. Ma ogni preoccupazione, come al solito, è stata superflua. Siamo noi adulti a dimenticare un aspetto importante: l’attitudine che hanno i bambini di ricordarsi le cose è straordinaria. In quattro e quattr’otto la piccola ha ripetuto tutto per filo e per segno ai limiti della esposizione mnemonica, ma poi provando con domande trabocchetto e richieste di dettagli con parole diverse rigirando i concetti è risultato chiaro che aveva afferrato perfettamente il quadro.

Così l’ho osservata mentre chiudeva l’argomentazione perfettamente come se fosse fresca di ripasso, si vedeva la magia dell’espressione di chi ha capito, sta strutturando dentro di sé il discorso e in tempo reale codifica il linguaggio macchina, diciamo così, quello di più basso livello in senso informatico che è il pensiero, e lo rende comprensibile a parole accompagnate da tutti i muscoli della faccia e del corpo che fanno da cornice. Ho pensato a lei come a uno stampo che si forgiava per produrre poi tutto quello che stava dicendo e che aveva in parte la sua forma. E niente, non c’è nulla di speciale se non il piacere di assistere a uno spettacolo dell’intelligenza e agli stessi contenuti. Questo indipendentemente che si tratti del proprio figlio o no, in momenti come questi c’è tutta l’energia che questo tipo di elaborazione produce, scariche di vita fresche di stagione che mettono in secondo piano tutto il resto. Ma l’aver colto un altro tassello per una sorta di thread monografico sulla memoria, involontario perché si tratta di considerazioni assolutamente casuali come tutto il resto delle cose che scrivo (e poi anche basta, cerco di chiudere qui l’argomento), è significativo, è la prova che si tende a interpretare la realtà con il filtro delle urgenze emotive, fino a quando non mutano le priorità e si cambia finalmente registro.