in questa notte fantastica, la prima dell’era Renzi

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Crescono i “rumours” intorno a Renzi che si sta sempre più affermando attraverso i media come l’uomo della svolta. Renzi pronto a guidare il partito, Renzi pronto a dirigere il Paese, Renzi che riceve endorsement da Franceschini e dall’area dem, dagli ex-popolari, Renzi che twitta mai più guerrOH WAIT! No, quello è un altro. Su di me, come sapete, Renzi ha un pessimo influsso che deriva sostanzialmente dal fatto che con il PD non c’entra nulla, che malgrado sia già stato umiliato alle primarie con la sua boria parla a nome di milioni di persone che non l’hanno votato, che attragga gente che già non sopportavo prima, tipo Jovanotti, la Bignardi, Baricco eccetera, figuriamoci oggi in cui Renzi incarna l’unica speranza e l’unica possibilità di sconfiggere l’elettorato del PDL grazie anche ai voti dell’elettorato del PDL e di arginare quegli esagitati seguaci del celebre conduttore di “Te lo dò io il Brasile”. Vedremo cosa succederà, se ci saranno altre primarie o no, di certo si profila una nuova rincorsa al meno peggio che questa volta davvero peggio di così non poteva andare. Come dico giustamente io, moriremo demorenziani.

Ma non è tutto. Non avete idea di quanti Renzi ho incontrato nel mio lavoro, non necessariamente con l’accento toscano anche se l’accento toscano introduce un’aggravante. Senza offesa, eh. Individui che vogliono metterti a tuo agio, vogliono entrare in sintonia, convincerti a qualcosa anche quando hai di partenza un’opinione agli antipodi, che ti seguono nella postura e negli sguardi per portarti dove vogliono loro anche se stai andando da un’altra parte. E poi la faccia. Sto notando che ogni volta in cui vedo una nuova foto del sindaco di Firenze, oggi aspirante tutto, trovo somiglianze con qualcuno. O magari poi sono io che nel mio disordine interiore colgo aspetti del tutto arbitrari. Ma ritrovo attori, cantanti di successo, giornalisti, fino a un mio caro amico batterista che non vedo da anni e che si chiama Alfio. Anzi, ciao Alfio.

Probabilmente quindi si tratta di come lo percepisci, io lo percepisco male e nulla me lo farà piacere, perché vincere contro Berlusconi con i voti di Berlusconi è una vittoria a metà, un larghe intese bis, è la fine del Partito Democratico e il trionfo di Jovanotti, Bignardi, Baricco e tutta questa grande chiesa che parte da Che Guevara e arriva fino a Madre Teresa. A proposito. Non so se avete letto l’intervista a Gimme Five di Gramellini pubblicata su La Stampa di ieri l’altro. Ecco tutto quello che non mi piace del renzismo, di questa frenesia della crescita e del reinventarsi perché basta l’idea, la verve, la sintesi e lo slogan quando da queste parti la complessità è senza precedenti. Complessità orizzontale, perché ti voglio vedere a mettere insieme un insieme di persone ancora più eterogeneo di quello del PD di oggi che sarà il PD di Renzi, e complessità verticale, che in Italia va da Nord a Sud, dai ricchi ai poveri, dagli italiani di serie A a quelli in promozione che italiani non lo saranno mai malgrado vivano e lavorino dentro i nostri confini. Questa frenesia che poi è strano, in inglese frenesia si dice proprio “frenzy”.

assoltOH WAIT!!

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esercitodisilvio

a dir la verità, non siamo nemmeno la geografia

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Vorrei fare il punto con voi per mettere in chiaro che non è che a partire da oggi o domani, quando avremo il pronunciamento della Cassazione, succederà qualcosa di eclatante. Il Deus ex Machina di cui attendiamo l’intervento da venti anni a risolvere la nostra anomalia non sarà la magistratura come non lo sono state attricette, neodiciottenni e pornodeputate. Potrà quindi esserci una deposizione forzata ma il fatto che già ne scaturisca una raffigurazione mistica proprio come quella di nostro signore dalla croce, la deposizione di Berlusconi da se stesso assumerà un valore patetico e statuario proprio come quell’altro appeso invece a testa in giù al fondo di Corso Buenos Aires. Ed è tutto lì il problema.

Ieri c’era chi parlava degli italiani che si innamorano delle persone sbagliate e non c’è niente da capire: siamo un popolo così, che già l’amore per una sola persona come transfert dell’amore per se stessi è morboso, no? Negli anni venti abbiamo seguito fino al sacrificio estremo Mussolini come dagli anni novanta ci siamo immolati al disastro economico accettando un nuovo progetto altrettanto personale come copertura della nostra disaffezione alla cosa pubblica. Questo per dire che comunque, anche se gli italiani un giorno che potrà essere oggi o domani o chissà quando saranno un popolo acefalo, il berlusconi che c’è in noi continuerà a vivere con le nostre gambe.

Perché non è che siamo diventati così a causa sua, come probabilmente non eravamo tutti fascisti a causa di quell’altro. Solo che a un certo punto abbiamo visto qualcuno che ci somigliava e lo abbiamo premiato. Abbiamo lasciato che una nostra sintesi più o meno approssimativa facesse quel che voleva, l’importante è che non rompesse le scatole nel nostro processo di arricchimento. Certo, poi il feeling instaurato ha consentito la distribuzione capillare di un palinsesto valoriale da brivido che ha trovato un humus perfetto per l’inseminazione del peggio, che nel precedente ventennio è stato poi il parossismo della presunzione di essere una potenza militare e oggi solo l’esacerbazione dell’essere desiderati sessualmente e seduttivi anche con il sacchetto delle feci addosso, che il solo pensarci fa venire voglia di chiudere gli occhi ma provate a immaginare questo in senso proprio e lato su tutto. Quindi vita professionale e sociale, per esempio.

Voglio dire, entrambi i nostri due beneamati leader ci hanno dato il colpo di grazia, ma non è che eravamo messi così bene prima. Quindi il made in Italy, i nostri geni e gli artisti e la creatività che diciamo tutti invidiarci, ecco apriamo gli occhi una volta per tutte che non siamo per nulla speciali e continuare con il marketing senza sostanza non ci porterà a nulla. O meglio ci ha spinto nel baratro della catastrofe bellica, come nella drammatica coda del primo ventennio, e a quella sociale e morale oggi, un po’ meno cruenta ma non meno epocale. Saremo sempre italiani nel senso negativo del termine, né più né meno di prima, e continueremo a cercare un modo per dimostrarlo a noi stessi e ai nostri vicini di casa. Che poi questo nostro comportamento trovi una sua corrispondenza tale da esporci al dileggio internazionale in massa anziché singolarmente,  con una personalità farsesca che continueremo a votare nonostante tutto anziché nel nostro modo alla Totò di portare il nostro italianismo in viaggio all’estero, che importa. L’Europa rimarrà sempre un altro continente, rispetto a noi, per loro fortuna.

troppi dj, pochi amministratori

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La disaffezione alla politica e il malcontento qualun-vegan-animal-sciochimichista ha spinto un bel po’ di persone nella morsa pentastellare ma, ancor più, nel pantano dell’astensionismo che, giusto per ricordarlo, ormai raccoglie quasi un italiano su due o poco più. E se sono in così tanti che non hanno per le balle di votare, è facile immaginare quelli che impegnarsi in politica in qualsiasi forma non gli passa nemmeno per l’anticamera del cervello. Le cause vanno ricercate senza dubbio nella fiducia verso i partiti o qualunque forma di associazionismo a fini rappresentativi, oggi pari a zero. Ma se io non mi rifiutassi già di dedicarmi a qualunque forma di rappresentatività perché in tale caso rischierei di sottrarre tempo utile al mio egoismo di fondo che mi spinge a privilegiare quello che reca giovamento solo a me, sono certo che rifiuterei di candidarmi a qualsiasi carica pubblica perché, fondamentalmente, di rappresentare molta della gente che vedo in giro non me ne importerebbe nulla. A prescindere dal fatto che molta della gente che si vede in giro non è gente che voterebbe per me. Ma voi lo fareste? Vi impegnereste per il bene comune di persone che lo dilapidano, lo pasticciano, se lo intascano per fini personali, lo nascondono a chi ne avrebbe diritto? Non dimentichiamo che poi gli amministratori pubblici, locali e centrali, sono tenuti ad amministrare tutti, anche quelli di cui non hanno ottenuto il voto. Quindi sottrarreste tempo alla vostra famiglia per chi veste D&G, per chi segue Amici, per chi percepisce privilegi a cui non ha diritto, per chi fa le foto alle barche ormeggiate a Porto Cervo, per chi si riempie di tatuaggi, per chi non ufficializza uno status famigliare per godere delle esenzioni riservate ai bisognosi, per chi ascolta il rap italiano, i metallari e chi ti saluta con “buona vita”? C’è poco da dire, io vi dico già da subito di no ma non ho lo spirito del crocerossino e non faccio testo. D’altro canto, invece, l’Italia pullula di dj. Avete letto bene. Un tempo per fare il dj dovevi spendere centinaia di migliaia di lire in dischi da portarti appresso e non ce n’erano mai abbastanza. Oggi con un portatile e uno di quegli alambicchi che li colleghi via usb puoi avere a disposizione tutto lo scibile musicale universale e scegliere di mettere musica anni 80, ma perché l’hai scelto veramente scartando il resto dello scibile. Quasi dimenticando che poi la differenza la fa saper distinguere un battere da un levare, i BPM, magari dare un senso e una successione logica alla scaletta e non semplicemente mettere a cazzo una canzone dopo l’altra solo perché in comune hanno il fatto di essere musica e di avere una batteria preminente su tutto il resto. Qualche sera fa ho partecipato a una festa e su trenta persone di dj ce n’erano almeno quattro. Una percentuale di tutto rispetto, il 13%. Quasi un partito politico.

non so voi, ma io mi sono commosso

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Il momento clou è stato al passaggio davanti allo stand in cui si spillavano birre e cuocevano salsicce: Bersani è stato invitato a mettersi all’opera e, tra un birra e una salsiccia, il coro che lo ha accompagnato è stato: “Un segretario, c’è solo un segretario”. (da Repubblica)

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ma dici a me?

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In generale è perché mi dà fastidio che mi si dicano certe cose. A me, poi. Non abbandonate gli animali. Calderoli deve dimettersi. Stai dicendo a me? Basta con gli stanziamenti per l’acquisto di aeroplani militari. Comprate cibi a chilometro zero. Le lattine vanno con il vetro e non con la plastica. L’aborto clandestino sta riemergendo a causa dell’obiezione di coscienza. La legge sul conflitto di interessi, non dovevate farla voi? Non parcheggiate in doppia fila. Non parcheggiate in tripla fila. Ma nemmeno accostate in prima fila se c’è un divieto di sosta, un passo carrabile, un posto riservato a qualcuno che non siete voi. A me lo dici? Tenete la destra sulle scale mobili. Tenete la destra sempre a meno che non siate nel Regno Unito o di fronte a una scheda elettorale. Il PD doveva fare questo, il PD doveva fare quello. Il PD non sta facendo nulla di ciò che dovrebbe fare. Prima di tutto vennero a prendere gli zingari e fui contento, perché rubacchiavano. Non dovete dirlo a me. Il Gas Propano Liquido è un derivato del petrolio, inquina più del diesel. A cosa servono le domeniche senz’auto? Johnny Marr ha suonato in un gruppo con Bernard Sumner. Stai parlando proprio con il sottoscritto? Dovete votare l’ineleggibilità di Berlusconi. E poi Renzi. A me lo dovete dire? Credete che non sappia tutte queste cose?

Cerco di fugare quindi la ridondanza di quello di cui sono già a conoscenza, dei principi che condivido, perché lo ritengo uno spreco. Come quelli del PD che mi danno i volantini quando siamo sotto elezioni. Io glieli restituisco perché non è me che devono convincere, io già sono convinto di votarli, glielo dico e loro mi guardano un po’ così. Mi verrebbe davvero voglia di non leggere più giornali accondiscendenti con i miei valori, cambiare canale di fronte ai talk show dove ci sono quelli che la pensano come me in un programma condotto da persone che la pensano come me rivolto al target cui appartengo su una rete che è tradizionalmente la più seguita dai miei simili. Allora a che gioco giochiamo? Non sono io quello a cui dovete far cambiare idea, quelli non vi stanno certo leggendo qui e anzi stanno guardando il film d’azione su Italia 1. Andate di là, fate breccia nella pellicola e cercate di portare a casa nuovi elettori anziché far innervosire la base consolidata. Perché davvero, poi finisce che uno cambia idea anche solo per farvi un dispetto.

se avesse studiato

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Ma probabilmente non è una questione di ignoranza, quanto di strumenti.

calderoliorango

colmare il voto

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Non è che non si possa cambiare idea con il tempo, anzi trovo che mettere in discussione le proprie convinzioni sia tutto sommato un comportamento maturo. La testardaggine lascia il tempo che trova e il tempo che trova è quello dei ragazzini che puntano i piedi per terra, fanno di tutto per fare gli originali, cercano di riempire gli spazi altrui e spesso quelli comuni con le proprie escrescenze di personalità eccetera. Gli adulti e gli anziani, quando non si sclerotizzano su aspetti solo per paura della novità, magari trovano strade più confortevoli di quelle percorse fino a quel punto e hai voglia a dargli del voltagabbana. Si tratta di esperienze che sto vivendo in prima persona ma nel mio caso riguardano cose come il primato della birra sul vino, per esempio, una svolta di fronte alla quale i puristi enogastronomici modaioli inorridiscono ma è così e mai avrei pensato che un giorno il vino mi avrebbe appesantito come ora rispetto alla birra che posso berne quanta ne voglio e alla peggio mi viene la pancia da tedesco di mezza età.

Invece non credo che cambierò il mio modo di votare. Un amico che sa che io voto il Partito Democratico mi chiede spiegazioni sui grossolani errori degli ultimi tempi, a partire dal più recente sull’avallo del blocco dei lavori delle camere proposto dal PDL. Ed è chiaro che chiunque avrebbe dei dubbi sul PD con tutto quello che è successo dalle ultime elezioni in poi, ma anche prima e almeno fino al peccato originale di aver messo insieme due anime, quella comunista e quella democristiana, che fino ad allora erano sempre state su scranni parlamentari ben distinti (e distanti) tra loro. La conseguenza più logica sarebbe quella di togliere il proprio voto, come si toglie il saluto a chi ti fa uno sgarbo. Perché è fuori dubbio che uno si senta tradito da strategie e logiche che, pur nella disciplina che è in sé l’arte del compromesso, alla fine rompono il cazzo e uno non ci capisce più nulla e va da un’altra parte. La politica italiana è costellata da elettori che hanno manifestato la loro protesta allo stato delle cose – e allo stato in sé – con le leghe e con le forzitalie più in voga.

L’ultimo caso è quello dei pentastellari che sembra abbiano fatto man bassa di delusi di ogni dove. Questa però è una cosa che non capisco. Voglio dire, io ce l’ho con le persone che rappresentano il PD in questo momento. Ce l’ho con i deputati e i senatori che allargano le intese, ce l’ho con i capigruppo e i segretari che si lasciano tenere in scacco da quello che dovrebbe essere il principale avversario, ce l’ho con gli opinion leader che filtrano la realtà di un esecutivo che temporeggia a causa del resto della maggioranza di cui fa parte e, di tutti i buoni propositi e dei punti da portare a termine, alla fine non succede mai nulla. E non è colpa loro se le lobby frenano sulle riforme, se il PDL ostacola la legge elettorale e tutto il resto. La colpa è che poi quello che ci arriva è che non succede mai nulla di buono. Malgrado ciò io non ce l’ho con il PD, quindi non vedo perché non dovrei più rafforzare il suo peso politico con il mio voto. Ce l’ho, ripeto, con l’apparato che lo abita.

Ieri ho ascoltato tutta la conferenza stampa di Grillo e oggettivamente occorre ammettere che è difficile dargli torto su tutto. Sono altresì convinto che il calo di preferenze delle utlime amministrative sia casuale e che alle prossime politiche abbia ancora più successo. Posso essere d’accordo, ma sono convinto che il loro non sia il modo di risolvere le cose che mi somiglia e credo che il buon senso va bene ma il buon senso ha alla base un orientamento politico, è soggettivo e uno ci si ritrova o no. Voglio dire, per me il buon senso è la patrimoniale, per altri il buon senso è il liberalismo estremo. E se posso aver empatizzato con la passione che trasudava il miliardario genovese, resto comunque convinto che il “canale” PD sia il veicolo più simile al mio modo di sentire per trovare soluzioni ai problemi. Che è poi è la politica. Al massimo, se non mi soddisfano più i rappresentanti del partito cerco di darmi da fare per cambiarli. Per esempio in questo momento mi trovo allineato pressoché su tutto con Pippo Civati e cerco di proporlo come posso come alternativa valida. Questo per dire che non credo voterò mai i pentastellari. Per non parlare di tutto il resto e di assembramenti partitici paralleli al PD da due o tre per cento.

Trovo quindi superficiale spostare la propria preferenza giustificando la mossa come voto di protesta, di rottura, non votare. Se un movimento non ha nessuna intenzione di condividere un programma di governo con un altro partito politico solo perché ci sono persone che all’interno di questo non lo vogliono anziché lavorare con le altre con le quali sarebbe possibile, significa che ha una visione diversa dalla mia e non c’è nulla da fare, giusto? Resta il problema del vuoto che non il PD ma gli uomini e le donne che lo rappresentano in questo momento sta lasciando anche dentro di me, per tutte le scelte pessime che stanno operando. Spero si tratti di un vuoto temporaneo e di poter tornare al più presto a fornire risposte convincenti a chi mi domanda il senso di scegliere ancora il PD dopo tutto questo.

avventura a cinque stelle

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mi costituisco

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Condannate me, condannatemi all’ergastolo. Altro che sette anni per concussione. Chiudetemi in galera e buttate via la chiave perché sono colpevole. Sono reo confesso, altro che mitomane. Perché è colpa mia, sono io la causa. Io ho contribuito con la mia complicità memorizzando sul pulsante numero cinque del telecomando del primo tv color che è entrato sontuosamente in casa mia nel 1980, un mastodontico ITT con tanto di slot sotto lo schermo porta-telecomando. Sedici programmi, il primo stadio verso il progressivo impigrimento della nostra specie non più costretta a comprimere gli addominali per tirarsi sul dal divano in finta pelle per passare dal primo canale al secondo alla comparsa del triangolino chiaro intermittente in basso, segno che dall’altra parte iniziava la trasmissione concorrente.

Sul pulsantino numero cinque, dopo il tre che ai tempi si dedicava a Tele Montecarlo e il quattro alla principale emittente locale, confesso di aver memorizzato Canale 5. Ma se avessi solo immaginato tutto quello che ne sarebbe derivato, potessi tornare indietro ci metterei una seconda volta Teleradio City, con la Giusy e il Leprotto Milcaro e le trasmissioni sponsorizzate dal mito del far west di Cavaria City. Ma io so che tutti voi che state leggendo siete passibili di pena quanto me. Mal comune mezzo gaudio. Se avessi saputo non avrei gettato via il mio tempo con i comici del Drive in, con i Jefferson e Archie Bunker e tutta quella merda che già allora era inesorabilmente superata. Non avrei atteso l’ennesimo show di Bill Cosby e la sua famiglia così afroamericana solo perché avevo un debole per Lisa Bonet. E ancora prima i cartoni animati, per non parlare di quel gigantesco marshmallow appiccicoso in cui ci sono finiti tutti, Franco e Ciccio, Raimondo e Sandra, Pippo Baudo e la Cuccarini e la Carrà fino all’apoteosi di Mike Bongiorno, la transustantazione, il verbo che si trasforma nel corpo di un vettore come l’ex rischiatutto in grado di plasmarsi in qualunque forma come tutti i suoi colleghi dello spettacolo, grazie al denaro sonante. Un filone d’oro come quello del Klondike che passa anche attraverso quel Claudio Bisio che poi ha la faccia tosta di presentare le kermesse elettorali dei sindaci di Sinistra Ecologia e Libertà, e per i comici che arrivano da Radio Popolare con il loro programma innovativo sul calcio come non lo avete mai visto, i cabarettisti che imitano e si burlano della famiglia reale con le tasche gonfie di mance come l’ultimo degli intrattenitori da matrimonio, con tutto il rispetto per gli intrattenitori da matrimonio.

Ecco, ogni ora della nostra vita che abbiamo perso davanti a una parte di questo progetto che ha dato una forma inusuale al nostro stivale trasformandolo in uno di quelli che si mettono le donne un po’ volgarotte, quelli alti fino a metà coscia, ogni minuto di trasmissione che abbiamo seguito, anche quelle dichiarate in differita ma sincronizzate come se fossero in diretta e ricordo benissimo un veglione di capodanno registrato il 30 dicembre per essere trasmesso la sera dopo con il countdown impeccabile a cavallo della mezzanotte e dio solo sa in quanti l’hanno guardato. Ogni secondo in cui il nostro televisore è rimasto sintonizzato sul canale del maligno, un voto gli è arrivato dritto al cuore e gli ha gonfiato il portafoglio, gli ha fruttato qualche milione di lire in pubblicità, gli ha spianato qualche chilometro di strada in consenso popolare.

Ma, soprattutto, ciascuno di quei singoli istanti ha condizionato almeno qualche giorno della nostra storia. Mettete insieme quante ore di programmi sono state seguite da allora a questa sera, all’ultimo TG5 che ha gridato vendetta al complotto della giustizia politicizzata, e otterrete un impero vasto almeno cento volte la superficie del mondo che abitiamo. Che non è tanto quello che si vede sopra a questo nuovo pianeta del sistema solare grande più di tutti gli altri messi insieme. Ma è la sua sostanza, che è la stessa della dignità del Sallusti di turno che è talmente liquida da rimescolarsi nel torbido ad ogni dichiarazione, a ogni articolo, a ogni frase in cui nega la verità. Questo mondo, che in molti vorremmo fosse spazzato via da un meteorite un giorno di questi, vive e pulsa sotto i nostri piedi e i suoi effluvi nemmeno li sentiamo più, tanto siamo fatti dello stesso liquame. Ora lo sapete. Sono stato io. Sono stato anche io. Non merito il vostro perdono. Ed è giusti che io paghi.