l’insicurezza dei soggetti

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Ma che musica e musica. Dalla casa di Elaine e Paul arriva un casino assordante, o se vogliamo atteggiarci a persone acculturate, del buon free jazz d’altri tempi. Per prima cosa presentiamo i solisti, una famiglia che raccoglie tutto il meglio del peggio dell’iperrealismo di A. M. Homes. I suoi romanzi, chiaro. Un calcio al barbecue e la casa prende fuoco, l’incendio doloso e volontario delle proprie vite, marito e moglie che tra nevrosi e tradimenti pensano di fuggire da loro stessi. Una fuga parziale, visto che comunque si spostano di poco restando insieme, almeno con i corpi, e coinvolgono i due figli nella svolta esistenziale. Ma è domenica sera, si sa, sta per chiudersi un ciclo e se ne apre un altro; così inizia una settimana decisiva, sette giorni di tempo per destrutturare tutto. La casa si salva, almeno le mura e non certo il suo significato metaforico. Le serrature sono state divelte durante le operazioni di spegnimento, così resta aperta e diventa un porto di mare per tutta la fauna tipica da quartieri residenziali. Vicine auto-riscattatesi a consigliere fidate, poliziotti arrapati e squadre di demolizione costituite da zelanti operai vestiti da astronauti. Ognuno a suonare uno strumento a caso facendo finta di seguire la partitura di una colonna sonora a diro poco perfetta per un incendio e cacofonica, in senso lato. Gente che entra ed esce facendo baccano nelle vite di Elaine e Paul già sufficientemente disordinate e vuote nella loro insicurezza. Nel frattempo c’è posto per ogni tipo di esperienza. Qualche amante in più, etero e omo, pasticche rilassanti colorate alla fermata del treno. Ma da una casa senza serratura, e soprattutto da due genitori di gran lunga sotto la mediocrità, i figli non ci pensano due volte ad allontanarsi per cercare certezze e modelli in famiglie più consolidate, almeno in apparenza. Non dimentichiamoci che siamo sempre negli Stati Uniti  d’America.

lavori che farei

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Con questo post inauguro una nuova categoria, lo “Spazio Pour Parler”, già usato in decine – centinaia direi – di conversazioni reali nel corso di momenti conviviali e tempi morti di pendolarismo, incentrate su argomenti inutili tendenti al dannoso. Esiste – e qualcuno lo può confermare – persino un jingle a introdurlo. Allora…

Spazio Pour Parler! – prima puntata
Il problema è che tutti fanno elenchi cavalcando l’onda di “Vieni via con me”, a me non ne è ancora venuto uno brillante, da blog, per intenderci. Mi limito quindi a giocare la mia carta-elenco con questa inutile lista di “lavori che farei”. In ordine sparso.

# il tastierista dei Subsonica
# il traduttore dei romanzi di Paul Auster
# il copywriter delle campagne di comunicazione del Partito Democratico, a livello nazionale
# il copywriter delle campagne di comunicazione di Nichi Vendola
# il responsabile comunicazione di una giunta di centro-sinistra di un Comune dalle profonde radici PCI
# il tastierista dei National (lasciando quindi i gemelli Dessner liberi di suonare i loro strumenti a corda)
# il traduttore dei romanzi di Percival Everett
# il maestro elementare in un comprensorio sperimentale alla fine degli anni ’70
# il traduttore dei romanzi di A. M. Homes
# il copywriter alla Armando Testa
# l’insegnante di Italiano, Latino, Storia e Geografia in un Liceo Scientifico
# il tastierista degli Interpol
# l’insegnante di materie letterarie in una scuola media
# il responsabile comunicazione del Partito Democratico, a livello locale
# lo scrittore di nicchia (tipo Percival Everett, che a conoscerlo, almeno su Anobii, siamo non più di cento in Italia)
# il sound designer
# il blogger di grido (tipo quelli che postano articoli su Il Post)