va bene, lasciamoci

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Va bene, lasciamoci. Se siamo al telefono vorrei perĆ² che almeno riattaccassi tu, io mi sono giĆ  preso la responsabilitĆ  di troncare il rapporto. Se siamo entrambi stufi, diciamoci a domani come tutte le sere e poi non incontriamoci piĆ¹, al massimo dopo vent’anni su Facebook, per dimostrare che avremmo giĆ  dovuto essere sposati e invece siamo solo spossati. Nemmeno te l’avessi chiesto: vuoi spossarmi? Non hai risposto sƬ o no a alla fine ci sei riuscita e io ti ho tenuto il passo. Spossati dal caldo? Va bene, allora lasciamoci oggi che ĆØ il primo d’agosto, sento qualcuno mormorare al telefono, tanto voi che vi lasciate ai tempi dell’Internet siete autosufficienti con le serie tv, le interazioni virtuali e la masturbazione davanti a contenuti digitali. Se vi foste lasciati oggi ma vent’anni fa, al massimo avreste passato il ferragosto come me, con un po’ di synth collegati a un vecchio Mac a comporre colonne sonore della imminente solitudine e nemmeno un modem con cui parlare.

Non c’ĆØ il caso di dire lasciamoci invece se vedo la tua cinquecento bianca davanti alla palestra fuori dell’orario di apertura, o se per farmi una sorpresa mi sorprendi appartato con una comune amica, o se hai lasciato che il batterista che ti ricorda Sting (e nemmeno Copeland, che miseria) si facesse dare il tuo numero di telefono da un conoscente comune a tutti e tre, o se non c’ĆØ piĆ¹ niente da dire, non c’ĆØ via di uscita e tira un vento da temporale che spaventa piĆ¹ del lasciarsi in sĆ©. Oppure lasciamoci con le piĆ¹ celebri dichiarazioni di intenti: cosƬ non va piĆ¹ bene, sono perplesso, non ne posso piĆ¹, meriti ben altro, non credo di amarti, prendiamoci una pausa, mi sento oppresso, mi hai rotto il cazzo, devo riflettere. Va bene, lasciamoci, anche se non dovremmo lasciarci in troppi d’estate perchĆ© d’estate siamo giĆ  lasciati abbastanza a noi stessi.

una legge non scritta

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Avevano entrambi imparato tardi ad andare in bici. Be’, tardi no, comunque giĆ  grandicelli. E poi nessuno di loro due ne aveva fino ad allora mai posseduta una ed era un peccato soprattutto lƬ e in estate. Lo consideravano infatti un bel modo di passare il tempo, di fare proprio il territorio circostante, di spostarsi anche fino ai paesini limitrofi, di visitare i borghi e le frazioni intorno. Ma la bicicletta non era certo il mezzo di locomozione piĆ¹ adatto a meno che uno non scegliesse di fare del ciclismo la propria attivitĆ  agonistica. La casa in cui trascorrevano le vacanze era su in collina, quasi al limitare dei boschi. Almeno un paio di chilometri dal centro del paese e dalla valle, oltre la strada asfaltata e al termine di una ripida salita e una specie di pietraia utile per non far slittare le gomme delle jeep, un po’ meno se percorsa in sella a una due ruote. Pericolosa a scendersi con i freni tirati al massimo e con il rischio di forare. Impossibile a scalarsi, la percentuale di pendenza in alcuni punti richiedeva polpacci da Tour de France.

CosƬ a nessuno era mai venuto in mente neppure di insegnare loro a stare in equilibrio, principalmente perchĆ© non c’era nemmeno lo spazio sufficiente a esercitarsi, a sperimentare che con la velocitĆ  le possibilitĆ  di cadere decrescono, che nel momento in cui si passa dal farsi portare incerti dal mezzo a condurlo secondo il proprio potere e con la propria volontĆ  oltre alla conquista in sĆ© c’ĆØ anche tutto il piacere di vincere la forza di gravitĆ  e la fisica dei corpi. Uno di loro, il fratello minore, se l’era cavata vedendo come si faceva dagli altri. Caparbio come tutti bambini, chiedeva in prestito la bicicletta agli amici nei tempi morti, quando qualcuno la teneva parcheggiata fuori dal bar, per esempio, e sentendola come una cosa all’altezza delle proprie capacitĆ  pian piano era riuscito a cavarsela. Anche la sorella maggiore che andava per i quindici anni aveva imparato. Lei perĆ² in cittĆ  e all’insaputa di tutti, aiutata da qualche compagno di scuola magari con un secondo fine e non certo lƬ in campagna dove non conosceva nessuno. La figlia di mezzo invece proprio non c’era verso. Avrebbe provato qualche anno dopo quando al fratello minore ne era stata regalata una, ma nell’intento di superare un fosso gliel’aveva distrutta sfondando entrambe le forcelle.

Quell’estate comunque nessuno sembrava essere a conoscenza dei progressi dell’altro fino a quando non capitĆ² l’occasione di dover recarsi ad acquistare con urgenza le gocce per la nonna della famiglia che abitava nella cascina sotto la loro. Loro davano per scontato che dei ragazzini non avessero problemi ad andare in bici – anch’essi con tre figli ma giĆ  adulti e tutti al lavoro – e ne avevano piĆ¹ esemplari in dotazione, con il telaio arrugginito dall’umiditĆ  e per nulla appetibili per gente di cittĆ . La grande e il fratello minore non poterono rifiutare la richiesta di aiuto e si avviarono verso il paese piĆ¹ vicino, a sei chilometri circa, in cui era ubicata la farmacia di turno. Il piĆ¹ piccolo se la cavĆ² piuttosto bene. La grande, al ritorno, sbandĆ² con la sua bici da donna, perse l’equilibrio e finƬ con il rovinare strisciando dolorosamente il ginocchio destro contro il muro di cemento che per quasi tutto il tragitto limitava la strada provinciale. Un bel danno. La ruota anteriore inutilizzabile e la gamba che perdeva un’esagerazione di sangue vista la concentrazione di capillari in quel punto. E poi le gonnelline non sono certo l’abbigliamento piĆ¹ indicato per una missione come quella.

Quando la Ford Escort marrone si fermĆ², i due fratelli non sapevano come risolvere l’impasse. Le pillole dovevano essere consegnate con urgenza, la ragazza doveva essere in qualche modo medicata, le bici dovevano essere riconsegnate e portate a qualcuno che riparasse i danni. L’uomo si offrƬ di dare il suo contributo: poteva accompagnare la sorella alla guardia medica e il fratello, in bicicletta, avrebbe potuto portare a termine la commissione della quale era stato incaricato. La bici scassata sarebbe rimasta lƬ, nascosta al bordo della strada dove nessuno vi avrebbe fatto caso. E poi, in campagna, nessuno ruba cose lasciate incustodite.

La ragazza sembrava essere a proprio agio su quell’automobile malgrado la paura di macchiare i sedili, il padre ne aveva un modello simile e gli interni si somigliavano molto. I rivestimenti in pelle scura, la radio am/fm con le manopole che nel tragitto dal luogo dell’incidente all’ambulatorio era sintonizzata su una stazione locale. I due si scambiarono qualche frase di circostanza. Lui era molto piĆ¹ giovane di quello che sembrava, i baffi e l’abbigliamento da lavoro gli conferivano una maggiore autoritĆ  di quella che i suoi vent’anni gli avrebbero potuto concedere rasato e vestito da tempo libero. Si dimostrĆ² molto disponibile, anche troppo, e non solo attendendo che la ragazza venisse dimessa. Qualcuno li vide addirittura la domenica successiva. all’uscita da messa camminare l’uno a fianco dell’altra diretti verso l’unico caffĆØ del borgo.Ā Se volete invece sapere come era finita il giorno della caduta, sappiate che toccĆ² al fratellino farsela a piedi per recuperare la bicicletta da riparare. In effetti, come aveva detto l’uomo che aveva offerto il suo aiuto, in campagna nessuno tocca nulla. O, se succede, nessuno lo viene a sapere.