va bene, lasciamoci

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Va bene, lasciamoci. Se siamo al telefono vorrei però che almeno riattaccassi tu, io mi sono già preso la responsabilità di troncare il rapporto. Se siamo entrambi stufi, diciamoci a domani come tutte le sere e poi non incontriamoci più, al massimo dopo vent’anni su Facebook, per dimostrare che avremmo già dovuto essere sposati e invece siamo solo spossati. Nemmeno te l’avessi chiesto: vuoi spossarmi? Non hai risposto sì o no a alla fine ci sei riuscita e io ti ho tenuto il passo. Spossati dal caldo? Va bene, allora lasciamoci oggi che è il primo d’agosto, sento qualcuno mormorare al telefono, tanto voi che vi lasciate ai tempi dell’Internet siete autosufficienti con le serie tv, le interazioni virtuali e la masturbazione davanti a contenuti digitali. Se vi foste lasciati oggi ma vent’anni fa, al massimo avreste passato il ferragosto come me, con un po’ di synth collegati a un vecchio Mac a comporre colonne sonore della imminente solitudine e nemmeno un modem con cui parlare.

Non c’è il caso di dire lasciamoci invece se vedo la tua cinquecento bianca davanti alla palestra fuori dell’orario di apertura, o se per farmi una sorpresa mi sorprendi appartato con una comune amica, o se hai lasciato che il batterista che ti ricorda Sting (e nemmeno Copeland, che miseria) si facesse dare il tuo numero di telefono da un conoscente comune a tutti e tre, o se non c’è più niente da dire, non c’è via di uscita e tira un vento da temporale che spaventa più del lasciarsi in sé. Oppure lasciamoci con le più celebri dichiarazioni di intenti: così non va più bene, sono perplesso, non ne posso più, meriti ben altro, non credo di amarti, prendiamoci una pausa, mi sento oppresso, mi hai rotto il cazzo, devo riflettere. Va bene, lasciamoci, anche se non dovremmo lasciarci in troppi d’estate perché d’estate siamo già lasciati abbastanza a noi stessi.

con i fanti ma non con i santi

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Nella busta c’era una tua foto con la faccia tutta impiastrata di non so quale crema di bellezza e due fette di cetrioli sugli occhi, e davvero trovo sia stata una trovata fantastica se non fosse che ci metto un po’ capire le cose. Nel senso di discernere tutti i livelli di comprensione, quelli che certa gente ci ha pure lasciato la ragione. Sai che io so che è uno scherzo per non passare per una che ha inteso seriamente di inviare a uno che conosce solo via Internet una foto che uno si aspetta una foto un po’ audace ma poi che senso ha inviarsi una foto, audace o no, via posta per di più dalla Francia all’Italia quando c’è Internet e anche se siamo ancora ai tempi di Altavista e di Windows 98 comunque le immagini digitalizzate e compresse esistono già. Quindi i piani di lettura sono molteplici. Tutto lo sbattimento per mandare un ritratto volutamente poco rivelatorio e altamente ironico per di più stampato, imbustato e bollato senza che il destinatario abbia chiesto nulla ma di tua iniziativa quando tu avresti potuto farti un selfie, anche se non si chiamavano così, e mandarlo in una manciata di secondi. Troppo elaborato per un semplicione come me. Tra l’altro non sapevi il mio indirizzo e me l’avevi mandata al lavoro, un ufficio di almeno tre o quattro aziende fa. Poi infatti avevo trovato di meglio, professionalmente intendo, e la foto con la crema di bellezza e i cetrioli era rimasta nel cassetto ma non credo volutamente. Forse era un modo inconscio per restituire lo scherzo a qualche altro ignoto, che prendendo il mio posto avrà trovato la busta con il tuo ritratto lì dentro e chissà, davvero, che cosa avrà pensato. Magari era uno più sveglio e intelligente di me.