i principii dei poveri

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Non guardo la tv perché non mi va di essere bombardato di spot. Per lo stesso motivo impongo, quasi sempre senza essere ascoltato, il diktat ai miei congiunti. Con mia figlia, che ha accesso solo a un paio di canali per bambini del digitale terrestre, il compromesso è che a ogni interruzione per i consigli per gli acquisti deve cambiare canale. Perché è più facile essere poveri se non si guarda la pubblicità, in un momento in cui i parametri di scarsa agiatezza sono piuttosto flessibili, ultimamente sempre più aleatori. Le code in cui ci si imbatte in ogni fine settimana da e verso Milano danno una scarsa percezione del potere d’acquisto della classe media. Stesso discorso per l’elevata percentuale, non vorrei esagerare ma almeno uno su due, di persone che si trastullano con cellulari da centinaia di euro in mano al mio fianco sul treno dei pendolari. E mentre stavo acquistando il mio nuovo telefonino, un innovativo modello che oltre a telefonare consente di inviare messaggi sms ad altri, del costo di 5 euro – unico motivo che mi ha convinto a cambiare il mio vecchio Nokia solo perché a seconda di come lo posizionavo si spostava la SIM e dovevo intervenire manualmente – la coppia servita al mio fianco da un altro commesso del negozio contemplava in fibrillazione la procedura di attivazione dei loro iPhone nuovi fiammanti, uno a testa, che si stavano regalando per l’anniversario di fidanzamento. Entrambi sulla trentina, italiano lui (ha scelto il modello nero) e caraibica lei (ha scelto il modello bianco), mezzo titolo di studio in due, con in mano un rotolone di pezzi da cinquecento (euro) per portare a termine quell’accordo commerciale, ansiosi di inaugurare la multicanalità delle loro conversazioni a distanza con chissà quali contenuti, multimediali e non. Ammetto che è ancora più facile essere poveri se non si esce di casa.

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