compagni di viaggio

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Al proprietario di un telefono del genere non dovrebbe essere consentito di provare in sequenza e in “profilo normale”, quindi a volume medio-alto, tutte le suonerie di cui il dispositivo è dotato, vero? E se te lo ritrovi a fianco nel tragitto del ritorno mentre stai valutando se sia meglio proseguire con la lettura o schiacciare un pisolino per una manciata di stazioni, e al terzo o quarto squillo realizzi che non sta ricevendo telefonate ma si sta solo trastullando con un passatempo ormai superato da almeno quindici anni, a nulla vale fargli notare che no, non è un comportamento corretto. Se tutti facessero come lui, che babele di suonerie sarebbe questa carrozza che già si distingue dal resto dell’ambiente per la temperatura interna vicina allo zero. Spero che tu abbia trovato la musichetta più consona alla tua personalità, una scelta tra “beep beep” o “bip-bi-bi-bip-bi-bi-bip” o l’immancabile fuga di Bach o il volo del calabrone. Mi spiace aver perso il finale della tua performance, sono certo che chi mi ha sostituito al tuo fianco abbia apprezzato quanto me.

una comunità, o meglio un centro di riabilitazione

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L’ultima bussola di Ilvo Diamanti fa il punto su quella che potremmo definire in termini molto generali la galassia Zuckerberg, l’insieme dei mezzi di comunicazione personali che ha dato una seconda possibilità a timidi e sociopatici nell’ampia gamma di disturbi da contatto interpersonale diretto. Dialogare punto-punto o punto-multipunto per interposto dispositivo ha parcellizzato quel tessuto di rapporti che già la televisione aveva disgregato dando il colpo di grazia su quel luogo comune dell’uomo come animale sociale, tantomeno socialista. E mentre mia moglie mi legge l’articolo durante la consueta rassegna stampa da colazione nel dì di festa, con il piglio di chi appartiene al partito degli apocalittici pensando di fare breccia su un tesserato del movimento degli integrati, e penso che dovrei riportarlo in qualche modo qui, rifletto sul fatto che Ilvo Diamanti tutti i torti non li ha, lo condivido in pieno a parte alcuni passaggi intrisi di un trombonismo un po’ matusa. Ma non sarei così manicheo. Tra chi intravede la catastrofe e il bimbominkia affetto da dipendenza questa comunità comprende anche individui intelligenti che usano il mezzo anziché esserne in balia, ora sui due piedi non mi viene nemmeno un esempio da farvi però sono sicuro che là fuori qualcuno c’è.

tono su tono

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Non ricordo chi scrisse che verrà un giorno in cui la SIAE farà pagare  le suonerie dei telefoni trasmesse a volume elevato in pubblico, quindi accomunate alle altre esecuzioni musicali dal vivo e soggette alle norme sul copyright. Forse è una cosa che ho pensato io, ma ne dubito, sin troppo elaborata. E quello che è successo per la Nokia e il celebre jingle dedicato ai suoi utenti è emblematico; i grandi vendor che ingaggeranno i dj di grido per realizzare remix delle loro musichette – o anche di canzoni celebri – da utilizzare in esclusiva sui loro nuovi modelli. O, faccio un esempio, la famosissima cantante pop che metterà a disposizione tramite iTunes una suoneria dedicata all’iPhone. Tutta roba che esiste già? Comunque, si tratta di un mercato occupato da un servizio di cui, almeno fino a poco tempo fa, non se ne sentiva il bisogno. Ma che mi lascia perplesso: in giro si sentono sempre più suonerie generiche, il classico driiiiiiiin per farmi capire, tanto che tutti siamo sempre lì, sul treno, a controllare chi sta ricevendo la chiamata. Forse la gente è finalmente stufa di set live estemporanei di fronte a sconosciuti?

non chattate al conducente

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Proliferano su Repubblica.it le segnalazioni di autisti del trasporto pubblico che, in servizio, si dilettano in attività collaterali (e pericolose) alla guida. Le prove sono clip in cui i protagonisti sono ripresi durante conversazioni telefoniche, mentre scrivono sms, addirittura intenti in attività ludiche con l’ipad. L’autista duepuntozero dovrebbe rendersi conto che anche i passeggeri sono quasi sempre on line, oltre a essere quasi sempre senza biglietto.

i principii dei poveri

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Non guardo la tv perché non mi va di essere bombardato di spot. Per lo stesso motivo impongo, quasi sempre senza essere ascoltato, il diktat ai miei congiunti. Con mia figlia, che ha accesso solo a un paio di canali per bambini del digitale terrestre, il compromesso è che a ogni interruzione per i consigli per gli acquisti deve cambiare canale. Perché è più facile essere poveri se non si guarda la pubblicità, in un momento in cui i parametri di scarsa agiatezza sono piuttosto flessibili, ultimamente sempre più aleatori. Le code in cui ci si imbatte in ogni fine settimana da e verso Milano danno una scarsa percezione del potere d’acquisto della classe media. Stesso discorso per l’elevata percentuale, non vorrei esagerare ma almeno uno su due, di persone che si trastullano con cellulari da centinaia di euro in mano al mio fianco sul treno dei pendolari. E mentre stavo acquistando il mio nuovo telefonino, un innovativo modello che oltre a telefonare consente di inviare messaggi sms ad altri, del costo di 5 euro – unico motivo che mi ha convinto a cambiare il mio vecchio Nokia solo perché a seconda di come lo posizionavo si spostava la SIM e dovevo intervenire manualmente – la coppia servita al mio fianco da un altro commesso del negozio contemplava in fibrillazione la procedura di attivazione dei loro iPhone nuovi fiammanti, uno a testa, che si stavano regalando per l’anniversario di fidanzamento. Entrambi sulla trentina, italiano lui (ha scelto il modello nero) e caraibica lei (ha scelto il modello bianco), mezzo titolo di studio in due, con in mano un rotolone di pezzi da cinquecento (euro) per portare a termine quell’accordo commerciale, ansiosi di inaugurare la multicanalità delle loro conversazioni a distanza con chissà quali contenuti, multimediali e non. Ammetto che è ancora più facile essere poveri se non si esce di casa.