quando trovi nebbia già a Novi Ligure fino a Milano

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Nessuno ha ancora capito che il vero problema dell’aria di Milano non è tanto l’inquinamento quanto il fatto che quando porti la focaccia su da Genova diventa subito spugnosa. Se avete mai mangiato la specialità ligure al di qua dell’appennino sapete a cosa mi riferisco, perché già a partire dall’entroterra se vogliamo fare un viaggio eno-gastronomico verso nord non è che i panettieri non la facciano, è che assume quella consistenza che noi gente di mare chiamiamo “mandrogna” un po’ con il disprezzo con cui ci si riferisce alle popolazioni a metà percorso tra Genova e Milano. Probabilmente l’equivoco di fondo è che esistono posti come Novi Ligure che della Liguria non hanno proprio nulla a partire dal fatto che sono in provincia di Alessandria, o almeno lo sono stati finché l’istituzione delle provincia è esistita. E sempre probabilmente – queste sono tutte mie congetture, non provate queste considerazioni a casa – Novi Ligure si chiama così perché un tempo era il massimo di Pianura Padana che certi liguri riuscivano a concedersi e, quindi, in cui riuscivano a spingersi ma solo perché ci abitavano vecchi zii di parte paterna emigrati lì solo perché c’era l’Ilva. Così si andavano a trovare ancora prima che costruissero la Voltri – Gravellona Toce, quindi svalicando arrampicandosi lungo la Serravalle che già, dopo la prima galleria, generava mal di schiena ai nostri genitori al volante per l’umidità. Premesso che ho molti amici di Novi Ligure, le domeniche invernali a Novi Ligure dopo il pranzo a base di cappelletti in brodo e arrosto dalla zia comprendevano lo smaltimento della pesantezza con quattro passi nel clima inospitale, in quel centro così intriso di provincia e in quel territorio così poco accogliente, che visto da qui altro non era che un assaggio della Pianura Padana come l’avrei conosciuta anni dopo, con la sua operosità, la sua efficienza, i suoi accenti da comanda al ristorante e la sua nebbia che, come in questo momento, fa sembrare Milano come una di quelle città cinesi viste dall’alto, con l’aria intrisa di roba irrespirabile che ti chiedi, davvero, come è possibile che nella notte dei tempi qualcuno abbia deciso di stabilire un nucleo abitativo qui. Forse era gente emigrata da Novi Ligure.

quel periodo tra october degli u2 e november spawned a monster di morrissey

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Comunque se vi dovessi dire qual è l’immagine che più associo all’autunno, quello inoltrato, quello quando fa già freddino e devi indossare il parka ma senza esagerare con i maglioni sotto e le calze pesanti e ti devi tirare su il colletto e Halloween non è stato ancora inventato dalle nostre parti, non è certo quella nebbia in cui non sono nato e che ora che mi sono trasferito qui nella pianura mi dicono ormai, almeno in città, essersi volatilizzata da tempo. Che sfiga, mi viene da dire, perché uno dei pochi manti di romanticismo che poteva avere un posto come questo è stato spazzato via non tanto dall’abbattimento del Turchino, come farneticava quel tizio a Portobello, quando dal global warming e dagli effluvi come conseguenza del riscaldamento sovradimensionato. Io che già mi immaginavo su una bici con i freni a bacchetta, tremolante sulla superficie incerta del pavé metropolitano incedere lungo le piatte vie all’interno delle mura all’imbrunire nell’invisibilità completa per rientrare in una delle corti con case di ringhiera dei tempi del miracolo a Milano, mi sono accontentato di un appartamento anni 80 con vista su distributore Total di periferia, e quell’aria impenetrabile e densa della bruma di ottobre è solo il racconto di chi l’ha vissuta qualche decennio fa, quando la mattina non si scorgeva nemmeno la casa di fronte alla propria. No. Se dovessi scegliere un ricordo illustrato per esemplificare l’autunno come quelli che ti chiedono le maestre da portare a scuola per fare i temi descrittivi, sceglierei una domenica pomeriggio a una sagra delle castagne in mezzo a un po’ di gente di mare che se ne è andata sul serio, perché nei posti mare che intendo io il lavoro non si trova più e scappano tutti, con un bicchiere di vino in mano e C. che vuole andare via da lì perché è li con la sua tipa ma per caso ha intravisto una con cui ha avuto una storia proprio qualche sera prima e lo sapete, la provincia è più piccola di ogni cosa e gira che ti rigira i posti dove andare sono quelli. C. con il suo cappotto a quadrettoni e la faccia del colore della malattia che poi se l’è portato via, e quello è stato proprio il suo ultimo autunno con il vento che profuma di caldarroste e che è talmente forte che la nebbia proprio è fuori contesto, e così vedi tutto chiaro e limpido, tanto che poi con i ricordi non hai scampo.