le dieci cose più belle da fare la domenica sera

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Si è fatto tardi e, se leggerete questo articolo domani, mettetevi l’URL tra i preferiti e conservatelo per domenica prossima. Nel frattempo dategli un’occhiata e scegliete il modo che vi ispira di più per trascorrere la domenica sera; il mio consiglio infatti è di provare le seguenti procedure una per volta, tanto avete tutto il tempo che volete per passare sai quante domeniche sere tra ora e l’eternità, quindi tanto vale andare per gradi e poi, terminato l’elenco, ripartire da capo.

Intanto però inizio da una cosa che sicuramente non dovreste fare, che è starvene davanti alla TV, inteso come passare in rassegna i canali senza una meta ben precisa. Tempo qualche minuto e vi ritroverete sconfitti alle undici circa con le palpebre che si chiudono e vi addormenterete con il senso di colpa di aver sprecato una sera preziosa come la domenica sera. La domenica sera è importante e allo stesso tempo ricca di insidie psicologiche, per così dire. Per questo occorre affrontarla con dei programmi ben precisi e lo zapping, al 90% occupato da trasmissioni sportive, proprio non fa per noi.

Non caso al primo posto si conferma di diritto la visione di un film, è ammesso questa volta l’uso della TV anche se la morte sua, converrete con me, che è al cinema. Magari una di quelle sale un po’ alternative in cui non ci sono i bassi pompati e i bulacchi di popcorn ma solo pochi interessati all’ultimo di Kaurismaki, avete presente il tipo?

Se avete amici invitateli a cena a casa (siamo passati al secondo punto), preparate qualcosa di raffinato e tirate tardi per finire le bottiglie di vino con cui avete innaffiato le diverse portate. Le chiacchiere in compagnia sono al secondo posto solo perché è un po’ più complessa l’organizzazione. Dovete aver fatto la spesa, avere la sala da pranzo tirata a lucido e dedicare minimo un paio d’ore a preparare qualcosa di accettabile, ma il risultato è assicurato e le grane del lavoro non si presenteranno se non dopo aver caricato la lavastoviglie.

Se vivete in una bella città, non c’è niente di meglio che farsi quattro passi nei luoghi più suggestivi, respirare l’aria di primavera – se è primavera, contemplare la città che si appresta ad abbandonarsi al riposo prima di risvegliarsi la mattina dopo più operosa che mai. Ma la notte, al buio, vi darà la stessa sensazione di un posto mansueto ed accogliente. Cercate solo di non fare troppo tardi.

Se invece vivete in una bella città ma è tutt’altro che primavera non è male passare la domenica sera in macchina in un punto panoramico o in una bella piazza ad ascoltare musica con qualcuno, magari con un mignon di Cognac da spartirsi come si faceva ai tempi del servizio militare, tutti infreddoliti e costretti alle guardie notturne.

In posizione stazionaria anche il classico dei classici, cioè mettersi in poltrona con il plaid addosso e il gatto in braccio a leggere, qualsiasi cosa non necessariamente dei classici, non lasciatevi trarre in inganno da cosa ho detto prima. Il rischio è crollare dopo qualche pagina: non c’entra se la storia ti prende o no, la domenica sera è comunque la fine di un ciclo, inevitabile che restino ore e minuti di arretrato di riposo da recuperare.

Non l’ho messo prima per non far la figura di chi pensa solo a quello, ma infilarsi a letto con il proprio partner e darci dentro come si deve è un bel passatempo epicureo utile a scacciare tutti i crucci del giorno dopo. Provate ad addormentarvi poi sfiniti, magari lasciando una candela accesa che vi sveglierà in piena notte e, spegnendola con un soffio, vi tornerà in mente il perché la fiamma era rimasta viva.

I musicisti non amano suonare con il proprio gruppo la domenica sera e non li biasimo certo per questo, lo sapete che sono un ex non pentito. Le prove disperdono sforzi ed emozioni e, svanita l’ultima nota dell’ultima canzone, ci si sente svuotati e vulnerabili a quello che ci aspetta dopo. Da evitare soprattutto se siete soli nella vita, meglio un film o un libro, fidatevi.

Non so invece se gli sportivi organizzino partitelle tra di loro, vadano a correre (io mai la domenica sera) oppure si allenino per gli incontri programmati in settimana. Se fossi un sportivo però eviterei, le endorfine prima di coricarsi non collaborano con il desiderio di chiudere gli occhi e non pensarci più.

Vi lascio con l’ultimo punto anche se è il nono perché è il mio preferito. Adoro ascoltare i dischi la domenica sera. Spegnere TV e Internet e ascoltare musica sullo stereo di casa, scegliere l’ellepi più adatto e lasciarlo suonare dal primo all’ultimo pezzo. Più di tutti mi piacciono gli ascolti importanti, quelli che hanno fatto la storia e, se è così, è perché c’è un motivo. Poi finito il disco si passa a quello successivo. La domenica sera è bene che sia all’insegna della musica preferita, e vedrete che tutto quello che angoscia passa e va via.

La decima, però, fatemi una cortesia: aggiungetela voi.

strategie per non sentirsi troppo soli prima che venga mattina

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Tirare tardi la domenica sera è una consuetudine tutt’altro che controproducente, almeno dal punto di vista delle esperienze che si possono provare, e consente di estendere al massimo quello che resta di quell’isola temporale felice che va a costituire l’unità minima della nostra vita privata. Ci sono persone che addirittura considerano l’appendice al weekend alla stregua delle due fasce serali precedenti come se non ci fosse un domani lavorativo, per questo le nostre città sono piene di posti dove queste finzioni possono essere legittimate tra luci, musica, bellezze da capogiro e drink. Agli antipodi di questa visione edonistica e profana del sacrosanto dì di festa ci sono quelli che ultimano i preparativi per la settimana che sta per iniziare come se dovessero partire per un viaggio. La borsa del lavoro, la cartella dei bambini, lo zaino della ginnastica e altri preparativi intelligenti come i pranzi da consumare in ufficio nei giorni successivi. Questa dimensione indoor la conoscete tutti, suppongo, quell’andirivieni tra le stanze a ricucire i pezzi della propria vita pubblica e professionale dagli archivi dell’oblio, brandelli di passato sopravvissuti non si sa come all’euforia degli aperitivi del venerdì. Il tutto su sfondo di celebri sigle di programmi televisivi dedicati al calcio in una finestra di tempo in cui ogni varietà o spettacolo di intrattenimento non sarebbe di sollievo a nessuno. La variante della tv messa a tacere è lo stereo acceso per una selezione musicale che per forza di cose rispecchia il mood imperante di giochi finiti, titoli di coda, spegnete le luci prima di uscire, tutto torna alla normalità. Ai temerari che si spingono fuori va così tutta la mia stima. Il buio della sera tardi che è una costante sia che la domenica appena trascorsa sia stata di sole o con il solito cielo della Milano che conosciamo. Guidare lungo le strade in cui nessuno sa dove si nascondano i pericoli che leggeremo sulla cronaca nera della settimana a venire, tutto spento persino i video-poker con gli annessi sogni di soldi facili da portare a casa, solo le interminabili file in prospettiva di semafori appesi che lampeggiano a intermittenza di giallo. Su quelle strade lucide di umidità, a notte inoltrata, uno non direbbe che è tutto così proprio perché altrimenti domattina non assisteremmo all’opposto, ciò di cui a stento ci renderemo conto perché abbiamo fatto tardi ed è stato difficile rimetterci in sesto, con la reminiscenza olfattiva del ristorante cinese sul cappotto che andrà via non prima di mercoledì.

sunday morning (praise the dawning)

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Non vorrei passare per presuntuoso nel citare me stesso, ma anche oggi, in quanto domenica, non sembra esserci via di scampo. <ironic mode on>E il programma sembra essere dei migliori<ironic mode off>: festa del paese, temperatura sotto i 6 gradi, un bel controsoffitto grigio tangenziale a ripararci dal cielo (chissà di che colore è).  Ma stemperato in una settimana che (sembra) sarà composta da più domeniche, non per la festività quanto per il mood, meglio iniziare con il piede giusto.

sundayness, o domenicosità, ovvero spiegare cos’è la domenica negli altri giorni della settimana

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M. sfonda porte aperte. Poco fa, a cena, in una sera che è la domenica sera, mi ha proposto e abbiamo a lungo discusso di quella sensazione, o come diamine si può chiamare altrimenti, che è la domenica. Ed è incredibile come possa essere un qualcosa di universalmente riconosciuto, almeno qui nell’occidente opulento. La domenica è tutto sommato un argomento oscuro, di cui si cerca di capirne il senso vivendola, ogni maledetta domenica, senza mai arrivare al punto. Senza mai riuscire a spiegare che cos’è quella specie di indescrivibile malessere che si prova la domenica.

Ci si rende sempre conto che è domenica, la domenica. La controprova è pensare che è domenica quando il lunedì successivo non si lavora o non si va a scuola, durante le vacanze, per esempio. Non è l’essere a ridosso di un giorno feriale che fa la differenza. La domenica non potrebbe essere un altro giorno. Da questo punto di vista, potrebbe trattarsi davvero di un giorno da santificare. Un giorno con una marcia in più, con una brillantezza artificiale, come una sorta di video postprodotto in cui si dà una colorazione diversa se c’è il sole, o si accentuano le tonalità di grigio quando è nuvoloso. Il freddo è un freddo da domenica, e in estate si suda diversamente. Le città sono così vuote solo di domenica, anche rispetto a feste in cui in giro si incontra meno gente. Perché si tratta di un vuoto diverso.

A quel punto a tavola è scattata la gara di esemplificazione delle situazioni tipiche da domenica, che cerco di riassumere qui, ma a cui spero aggiungerete qualcosa voi. Vista l’età anagrafica dei conviviali, i contributi partono da almeno 35 anni fa con Buona domenica, di Antonello Venditti. Un pezzo sull’angoscia del settimo giorno da ascoltare anche la domenica pomeriggio, in inverno, mentre fuori piove, i tuoi genitori bevono il tè con le tue vecchie zie e tu non puoi o non vuoi uscire perché non ti sei organizzato e non esistono ancora gli sms. La scena infatti è in bianco e nero (è il 1979), M. sente la sorella grande ascoltare la cassetta di Venditti con ostinazione, senza capire il perché. Il link più immediato è l’ubriacatura da maratona televisiva pomeridiana con cose tipo Domenica In, se non altro per vedere a Discoring le popstar del momento. Siamo ancora in pieni anni ’70. Non è difficile, quindi, immaginare di chiudere il cerchio proprio con Antonello Venditti che canta Buona domenica in playback proprio in quella trasmissione, ricordo che abbiamo subito rintracciato e reso tangibile su youtube.

Con F. invece facciamo un salto in avanti di qualche anno, tipo il 1984. La sensazione della domenica pomeriggio è l’annoiarsi a vuoto in un bar di periferia, le Honda XL dei più grandi della compagnia parcheggiate fuori disordinatamente, dentro il chiacchiericcio sconnesso sopra la telecronaca delle partite. Pochi consumano ma si trascorre lì tanto, troppo tempo e si fumano sigarette ininterrottamente. Habituè che giocano a boccette, whisky e amari di sottomarca. Colonna sonora: qualsiasi pezzo di Vasco Rossi (seguono tutta una serie di cliché e atmosfere tondelliane). Si finirà in discoteca? O al cinema?

Il cinema però è un ricordo collettivo più da grandi, anche perché costoso se ripetuto 4 o 5 volte al mese. La sensazione tirata in ballo però è senza tempo: l’entrare nella sala con la luce del giorno, passando alla luce artificiale che si spegne lasciando il posto alla proiezione. Il tempo e la domenica stessa si sospendono per 90 minuti circa, e si ritorna nel mood dopo i titoli di coda, mentre il cinema ti vomita fuori nel tardo pomeriggio, già buio, mentre magari ha iniziato anche a piovere. Non poteva andare peggio.

C’è chi come A. che aggiunge a questo quadro un particolare ancora più deprimente: la città che ospitava la caserma di C.A.R. – erano i tempi della leva obbligatoria – e che, la domenica pomeriggio, si riempiva di ragazzi con i capelli corti e dagli accenti più improbabili a spasso sotto i portici, a caccia continua di genere femminile, per poi finire la giornata ai tavoli delle numerose pizzerie del centro.

Chiudo con la nomination per la miglior titletrack della domenicosità (o sundayness), la musica votata all’unanimità come quella che più di ogni altra sanciva la fine del tanto agognato obiettivo a medio termine di ogni studente. Questo almeno fino a quando è stata trasmessa in tv. Dopo questa sigla di chiusura, il sipario sulla domenica scendeva irrimediabilmente, per lasciare il posto al lunedì. Si poteva posticipare ancora per qualche manciata di minuti la fine della festa, ma non si sarebbe fatto altro che togliere tempo prezioso al sonno e vendicarsi su il proprio se stesso alle prese con il giorno dopo e dato in pasto alla sveglia del lunedì mattina. E se i compiti non erano terminati, a quel punto, con quella sigla di chiusura, non ci sarebbe stata più alcuna possibilità di rimediare. Tutto troppo tardi. Signore e signori, buonanotte.