quando lo sciopero non causa disagi è perché i disagi c'erano già prima

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Bianca e Nicola, dal loro bilocale di periferia, annunciano entusiasti di aver superato con successo la prima fase della loro sfida. Bianca e Nicola sono infatti al quindicesimo giorno di sciopero della qualità della vita, dove è sottinteso l’aggettivo buona perché è l’uomo che morde il cane che fa notizia, il sovvertimento dell’ordine naturale delle cose e non certo la banalità dell’osservanza degli standard comportamentali.

Bianca e Nicola si apprestano ad affrontare la terza settimana da trascorrere nella sciatteria e nell’incuria ma, ci tengono a precisare, la loro presa di posizione non costituisce nulla di rivoluzionario e non va a intaccare l’amor proprio che è tipico degli esseri umani. “Ci piace rinunciare alle piccole cose che fanno stare meglio e, facendo così, cerchiamo di erodere la nostra serenità poco alla volta”, precisa Bianca. Mentre mi parla vedo solo la porzione del suo corpo superiore ripresa dalla webcam, ma Bianca non esita a confessarmi di indossare i pantaloni del pigiama, dalla vita in giù “tanto non si vedono”.

Nicola racconta invece qualcuno dei loro esperimenti peggiorativi andati a buon fine. “Ci piace mangiare cibi industriali direttamente dalla loro confezione senza nemmeno metterli nel piatto e senza nemmeno scaldarli quando il cibo lo richiede, il tutto durante pasti consumati senza tovaglia e spesso in mutande”. Bianca e Nicola si sono dotati perfino di crocs contraffatte, acquistate per pochi Euro in quel negozio nascosto dal centro commerciale che fa prezzi stracciati e frequentato dall’underground umano più povero del circondario. “Il cavo dell’antenna TV funziona male ma cerchiamo di resistere senza ripararlo, così i programmi si vedono a singhiozzo ma oggi siamo in grado di resistere al fastidio che questo comporta anche per ore”, aggiunge Nicola, che si è inoltre imposto di non sistemare il rubinetto del bagno che, a causa del calcare, spruzza acqua ovunque e uno dei PC di casa che, dopo l’aggiornamento a Windows 10 da Vista, è soggetto ai comuni crash dovuti al malfunzionamento del driver della scheda grafica.

Nei fine settimana Bianca e Nicola cercano inoltre di farsi soverchiare dalla pigrizia e mandare a monte tutti i programmi fatti nei giorni precedenti. “Ci svegliamo presto ma poi ci mettiamo su Internet o ci dilunghiamo a far colazione (anche se cerchiamo di dimenticarci di prendere il latte), così arriva l’ora di pranzo e la giornata la si può considerare sprecata”. Anche lo smartphone di Bianca funziona male, si surriscalda e dopo pochi minuti di conversazione la linea cade. “Mi guardo bene dal non cambiarlo e, anzi, spero che la connettività dati rallenti ancora di più in modo da renderne inutile l’uso”.

Bianca e Nicola non esitano però a indossare scarpe scomode e a prendere l’ombrello rotto se piove per fare quattro passi nei quartieri periferici più deprimenti di Milano nei giorni festivi, quando in giro non si vede un’anima viva. “Se ci viene sete o fame cerchiamo con cura un bar a gestione cinese con il maxischermo sintonizzato su una rete Mediaset che trasmette un incontro di calcio di serie B a tutto volume, chiediamo una bibita gelata o un caffè di quelli con il retrogusto acido, ci sediamo ai tavolini in mezzo alla gente vestita male e ci leggiamo a vicenda le notizie di cronaca nera sui quotidiani filo-leghisti locali”, aggiunge Nicola.

Poi in fretta tornano a casa, aprono a fatica la porta girando la chiave nella serratura che prima o poi si bloccherà, e riprendono la parte più bella del loro sciopero della qualità della vita, quella domestica, dove non ci si deve nemmeno impegnare troppo per essere rassegnati al punto giusto.

chiodo schiaccia chiodo

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In provincia di Torino solo una persona di sesso maschile su mille si chiama Donatello e trovarla porta fortuna. Io ce l’ho al telefono e non deve sorprendervi se di mestiere fa il ricettatore. Lui e il suo socio hanno una carrozzeria che in realtà è una copertura per traffici al limite della legalità. Va persino raccontando che spesso gli portano le auto da riparare ma, una volta terminato il lavoro, chi la ritira non è la stessa persona, come se da qualche parte là dentro ci fosse nascosta qualche polvere di valore oggetto di qualche compravendita. La sua fidanzata ha l’unico esempio di giacca di pelle nera foderata di tessuto leopardato che lo stilista che l’ha ideato è riuscito a vendere nella sua carriera. Ed è incredibile che, nonostante ciò, le riconosco il merito di avermi fatto venire voglia di avere un chiodo.

Cazzo, non ho mai avuto un chiodo. Avete presente quella voglia di soddisfare da grandi certi desideri mai appagati in tempi in cui tali desideri sono più normali? Oriano per esempio si è fatto i camperos che già lavorava in ferrovia. Lo stesso Donatello ha una Lancia Delta Integrale con una specie di faro posteriore abbagliante che accende quando qualcuno dietro gli si piazza troppo vicino e gli lampeggia per togliersi di mezzo. Così al telefono gli ho appena chiesto di procurarmi un chiodo, alla mia età (che non è quella che ho oggi come narratore, ma quella in cui questo episodio è ambientato) si può ancora mettere senza passare per uno sfigato. Per questi articoli prêt-à-porter Donatello e il suo socio, che poi si scopre essere il compagno di sua madre abbandonata dall’ex marito che, uscito di galera, si è tolto di mezzo, comprano per due lire roba rubata dai tossici. Pezzi di auto e persino medicinali fregati al bancone delle farmacie mentre aspettano monouso e acqua distillata.

Ne parlo con Federica e la cosa sembra strana perché siamo ai primi di settembre e fa ancora caldissimo. A noi però piace provare gli abiti invernali fuori stagione per ricordarci come fare gli abbinamenti quando sarà il momento di indossarli. Io a dire la verità mi sento anche la febbre. Devo aver preso un’insolazione ieri anche se era nuvoloso, non vedo altre spiegazioni. Federica mi rimprovera per il fatto di non aver imposto un tetto di budget, ma sono fiducioso sul fatto che Donatello, con un nome così, per il chiodo non mi chiederà una cifra esagerata.

le regole della strada in campagna non contano

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Teo ha solo undici anni ma gli ultimi venti minuti li ha sprecati con un pianto ininterrotto e inconsolabile. Deve trattarsi di una tara di famiglia: mi dice mia moglie che la madre, da giovane, era rimasta chiusa in camera per una settimana a singhiozzare dopo che aveva colto il suo ex storico in flagrante con una donna divorziata con cui aveva una relazione da tempo e c’era di mezzo pure un figlio già grande avuto con il precedente marito. Teo invece ha solo involontariamente spaccato una gamba a un amico con cui si è scontrato in bici mentre giocavano al motocross su una strada sterrata. Il guaio, oltre la frattura, è che Teo sembra avere torto perché stava sul senso di marcia sbagliato. C’è persino una discussione che si protrae su questo tema. Secondo me le regole della strada in campagna non contano, la ruralità è sinonimo di anarchia. A cinquant’anni per esempio dicono che è sconveniente addentrarsi da soli per i boschi per lungo tempo ma io continuo a farlo. Poi ci si mettono cose che in contesto urbano uno non indosserebbe mai, come la camicia scozzese di flanella che era di mio papà o il cappello di paglia. Anche certe sensazioni elementari come il caldo e il freddo possono avere numerose variabili a cui non siamo abituati a causa dei pregiudizi di matrice binaria che sfoggiamo in città. Le mura spesse delle case contadine non proteggono dall’umidità, la stufa a legna resta accesa anche a ferragosto, il fango è un elemento con cui ci si abitua a convivere e le scarpe dei giorni di festa è meglio non portarsele dietro nemmeno se fai una vacanza come questa. Mi sforzo così a distrarmi da quella tragedia famigliare altrui che si sta consumando – il mio informatore del futuro mi assicura via SMS che Teo non si sbarazzerà mai dell’imbarazzo provocato da quell’episodio – cercando di comporre una ipotetica biografia da quarta di copertina qualora, un giorno, diventassi uno scrittore affermato. Anzi, potrei prendergli a prestito il suo nome e aggiungere una data di nascita fittizia per mantenere l’incognito come fa Elena Ferrante. Quindi risulterebbe così. “Matteo Cannoniero (Genova, 08/02/1961) è uno dei più interessanti scrittori italiani contemporanei. Paragonato ad autori nordamericani come Douglas Coupland e Dave Eggers per il suo stile postmoderno, cinicamente tetro e sagacemente ironico, Cannoniero ha pubblicato alcune delle pagine più rappresentative sulle complessità sociali e umane di queste prime decadi del nuovo millennio. Ciò, unito a radici saldamente impresse nel terreno politico-culturale dell’ultimo scorcio del novecento, fa di lui uno dei principali trait d’union tra l’epoca analogica e quella digitale e smart”.