mille euro

Standard

Un piccolo passatempo per i vostri momenti di relax sulla spiaggia, sempre che abbiate un dispositivo per leggere pagine elettroniche come queste. Vale anche per i pomeriggi di riposo all’ombra di un melo, in campagna (attenti alle vespe) o sdraiati su un’amaca nel vostro giardino, in qualsiasi località vi troviate a godervi le meritate ferie. Il gioco è il seguente: indovinate che cosa hanno in comune i seguenti personaggi misteriosi:

– una web developer talmente chiusa che non parla, e se deve parlare non ti guarda, e in ogni caso a fatica si capisce che cosa vuole dire, tanto rivolge la sua voce solo a se stessa, e se gli chiedi un report via mail ti manda una riga di testo, per di più incomprensibile
– un programmatore che somatizza il proprio stress in psoriasi, perdendo così tanta pelle da rendere necessaria la pulizia quotidiana del suo pc
– un addetto al montaggio video che, pur avendo un diploma di master sul curriculum, chiede sempre al suo responsabile come deve fare ogni cosa, dicendo che non ha idee e non sa come fare, tantomeno che musiche scegliere o che grafica utilizzare
– una grafica che impiega almeno venti minuti per salvare un file in pdf e mandartelo via mail, quindi torni da lei e le chiedi se non te lo ha ancora mandato, e lei ti dice che sì, te lo stava proprio mandando il quel momento
– una coppia di webmaster metallari che usano calzature invernali anche in estate, diminuendo la qualità della vita della comunità
– personale appartenente alla categoria junior che si vergogna a chiamare al telefono clienti e fornitori, se deve comunicare qualcosa anche di urgente usa la e-mail, ma in fondo è meglio così perché, fatta eccezione per l’argomento videogiochi, non è in grado di articolare discorsi di senso compiuto e comunemente comprensibili
– personale appartenente alla categoria junior che, anche dopo anni di attività, necessita di essere seguito otto ore al giorno, la sedia vicino e il fiato sul collo, proverbialmente e non, e controllare le cose che fa, suggerire come farle, controllare i testi in caso di modifiche dettate a voce
– un nutrito numero di collaboratori appartenenti alla categoria junior che non conosce l’abc del comportarsi sul posto di lavoro
– un nutrito numero di collaboratori appartenenti alla categoria junior che non conosce l’abc del comportarsi in meeting con clienti, per esempio giocherellando con l’iphone a tavola durante una cena di lavoro
– un collaboratore appartenente alla categoria junior che si fa la piastra ai capelli, si depila braccia e gambe, preferisce sperperare il proprio stipendio in tecnologia consumer anziché, per esempio, rendersi indipendente dai genitori, e sogna di possedere un SUV bianco
– personale appartenente alla categoria junior che non sa quantificare tempi e fattibilità di ogni lavoro rientrante nelle sue competenze
– un art director che, dopo un brief che comprende indicazioni su come impostare la creatività e le stesse headline su cui lavorare per la grafica, dopo tre giorni non è riuscito a pensare ad alcuna idea; quindi occorre mettersi lì e con calma impostare insieme il tutto, lasciando all’art director alla fine, vista la scadenza dietro l’angolo, solo il ruolo di braccio operativo.

Ecco, provate a indovinare. Potreste vincere una giornata in compagnia del vostro team di lavoro preferito.

fucked up: queen of hearts

Standard

Uno dei migliori video in circolazione, un po’ per l’idea, un po’ per la canzone, un po’ per tutto. Il 22 agosto i Fucked Up suonano a Milano, se interessa.

nell’intimo delle aziende

Standard

Chi lavora nel marketing e nella comunicazione utilizza a man bassa i siti di foto e grafica privi di diritti d’autore, le immagini Royalty-Free, una risorsa vantaggiosissima per campagne pubblicitarie online e offline a budget ridotto. Ed è inutile che vi spieghi perché le aziende chiedono alle agenzie come la nostra progetti di comunicazione cercando di spendere il meno possibile. Ma, a dirla tutta, negli archivi generati dagli utenti è tutt’altro che difficile trovare immagini o spunti di qualità, che se supportati dalla bravura e dalla creatività di chi deve abbinare il visual con il copywriting possono generare prodotti finali di alto livello. Considerando la vastità dell’archivio che è messo a disposizione degli utenti da quei siti, non è nemmeno il caso di assicurarsi l’esclusiva della foto scelta, ammesso che sia possibile. La mega-azienda che investe budget copiosi per campagne pubblicitarie e le mega-agenzie che ricevono i budget copiosi non si affidano certo a quel tipo di risorse. Invece, nel nostro ambiente fatto di piccole iniziative, la prima cosa che si fa è cercare quello che ci serve lì, prima di suggerire al cliente un set fotografico ad hoc e aumentare il preventivo. Ma non è detto.

La scelta della immagine giusta da un sito di immagini libere da copyright (il cui utilizzo è comunque a pagamento, seppur irrisorio) è a discrezione del gusto di chi cura la campagna pubblicitaria. Per esempio, per un mini-sito dedicato a un evento sul risparmio energetico che le aziende che scelgono un sistema intelligente di gestione della propria infrastruttura IT possono ottenere, si può puntare sulla sensibilità green del target a cui ci si rivolge e scegliere la foto del profilo di una graziosa e speranzosa fanciulla sdraiata in un prato verde punteggiato di fiori. Quindi chi si iscrive a quell’evento vede come prima cosa una green ambassador che si gode la freschezza della natura incontaminata. Ecco, freschezza è la parola chiave, una delle tag con cui si rintraccia quella foto nell’archivio di quel sito, oltre a green. Può succedere quindi che, contemporaneamente, un’altra agenzia incaricata di pubblicizzare un prodotto dedicato all’igiene intima femminile, cercando una testimonial della sensazione del sentirsi in perfetta armonia con il proprio corpo, scelga la stessa foto con la stessa ragazza sorridente sul prato fiorito. E che i maxi-poster della crema che lenisce irritazioni delle parti intime siano collocati anche nei pressi della location dell’evento. Ci sarà qualche misunderstanding? No, in entrambi casi è sufficientemente chiaro il posizionamento del prodotto.

chi ben inizia

Standard

Dopo la morte di Amy Winehouse ho ricevuto molte telefonate di persone addolorate che mi chiedevano perché tanti cantanti muoiano così giovani di droga. E, ricordando Jim Morrison, Adam Goldstein, Sid Vicious, Jimi Hendrix fino a Elvis Presley, mi è venuto spontaneo fare un confronto.

Questo era l’editoriale di Francesco Alberoni sul Corriere di ieri. Immaginiamoci la scena. Alberoni nel suo studio, seduto alla scrivania, e tutti i suoi libri che gli fanno compagnia dall’alto di una libreria gremitissima. Anche i libri suoi nel senso di quelli che ha scritto lui e sui quali gli studenti universitari preparano gli esami. In una qualsiasi parte del mondo accade l’irreparabile sociologico, oppure un avvenimento che può avere ripercussioni sulla emotività della massa, un fatto inaudito e imprevedibile. Roba mai sentita. Per esempio, un uomo che uccide la moglie per spianare la strada alla sua relazione fedifraga, oppure un fanatico di qualunque pensiero religioso che fa una strage o si immola per varcare da eroe le colonne dell’aldilà, oppure una popstar dedita alla droga, o all’alcool, o agli psicofarmaci o a tutti questi insieme che, in un momento di debolezza o di down calca un po’ troppo la mano e muore.

Ecco, succede uno di questi anomali fatti di cronaca, così dannatamente anomali per il nostro tempo, e uno stuolo di fan del professor Alberoni, o di studenti, o di curiosi, o di mitomani, come prima e naturale reazione afferra il telefono, compone il suo numero privato e lo bersaglia di domande per approfondire la notizia del momento. “Professore, come mai così tanti giovani cantanti muoiono di droga?”.

Già, l’estate è di per sé un periodo di fiacca per l’attualità. Voglio dire, non accadono certo in periodi come questo fatti determinanti per l’economia mondiale, o per la stabilità del nostro paese. Quindi cosa c’è di meglio che avere in diretta telefonica il parere dell’esperto? Questo significa che posso chiamare Tremonti con la voce addolorata e chiedergli un parere sul debito americano? Detto ciò, sin dai tempi delle scuole elementari, per chi è alle prese con un tema, o con articolo, o con un post, la cosa più difficile è proprio l’incipit. Ma su, che diamine: uno sforzo, soprattutto se si viene pubblicati in prima pagina sul Corriere, bisogna pur farlo.

e allora mambro

Standard

Il treno è fermo alla stazione di Bologna. Una bellissima mamma con tre bellissime figlie dirette chissà dove in riviera romagnola, tutto il mese d’agosto al mare a casa dei nonni – che fortuna avere i nonni che abitano lì -, il papà che farà la spola da Milano ogni fine settimana a parte la settimana centrale di agosto. Oggi è il 30 luglio 1980, fa un caldo cane, le gambe sudate delle bambine si appiccicano alla pelle dei sedili e non riescono a stare ferme. La mamma e gli altri 2 passeggeri dello scompartimento, una coppia di anziani, sono lievemente infastiditi, ma la vera causa è il treno bloccato lì più che i continui passatempo fisici con cui le bimbe cercano di sfuggire alla noia, dài fate le brave, non siamo nemmeno a metà viaggio probabilmente. I vagoni sono fermi al binario, all’ombra della pensilina solo parzialmente, il resto sotto il sole pomeridiano. Tutti i finestrini son giù. Il capotreno ha già fischiato 2 volte, ma il treno resta lì, e il ritardo aumenta. Ormai è quasi mezz’ora di sosta, i passeggeri sono al limite della sopportazione, anche perché il treno è gremito, c’è gente in piedi. La bella signora sventola un quotidiano sotto il mento, osserva indignata una coppia di manovali che staccano un vagone da un locomotore nel binario di fronte, dà quindi un’occhiata al quadrante dell’orologio da polso, sbuffa. “E poi si lamentano che gli mettono le bombe”. Il treno riparte con 45 minuti di ritardo, una piccola parentesi di disagio che sarà presto dimenticata. Le due sorelle gemelle, più grandi, si immergono nella lettura di fumetti. La piccola si addormenta, la testa sul grembo della bellissima mamma.

moscow discow

Standard

Sono i Telex?

No, i Telex sono questi.

E comunque, la grafica del sito dei Telex è superlativa.

le vendemmie che farò

Standard

Ecco, se fosse per me, l’estate potrebbe anche finire così. Allo scadere delle ventiquattro del 31 luglio, la bella stagione ha ormai dato tutto; c’è stata l’escalation della primavera, poi i mesi della fioritura, e maggio e giugno, luglio con i suoi soliti temporali. Ma poi basta. Perché un po’ come un autogrill che ha in esposizione merce che nessun automobilista acquisterebbe e nel tempo ha conquistato la leadership di non-luogo per antonomasia, possiamo dire che agosto è un non-tempo, è il non-mese definitivo, una sfilza di giorni inutili che lentamente perdono ciò che caratterizza e ci fa amare le giornate estive, la luce che si protrae fino alle nove e puoi rimanere quanto vuoi a spasso, sul bagnasciuga, sui prati, e nel loro inesorabile succedersi altro non sembrano che uno stillicidio in trentesimi (anzi trentunesimi) e un conto alla rovescia. Tutti sono via, sono andati tutti a ritrovarsi in un altro posto, basta non stare nel posto in cui si vive per il resto dell’anno, si rimescolano i gruppi e ci si va a rimpiangere gli uni degli altri o a godere dei nuovi abbinamenti umani, ma lontano da ogni qui. E chi vive in solitudine se la porta in valigia, è un accessorio che sta bene con tutto e in qualunque stagione. E se non fosse per quell’assurda convenzione economico-sociale per cui a partire dalla mezzanotte del 31 luglio gli uffici sono vuoti, le strade deserte, i bar chiusi, che induce a ingegnarsi nella ricerca di un luogo vacanziero ove sopravvivere, se non altro per la presenza di rivendite di generi alimentari, ecco che ci si potrebbe tranquillamente addormentare oggi, sfiorati dalla miracolosa bacchetta magica di una fatina che spande la polvere del sonno su uomini e animali, e risvegliarsi il giorno prima della data in cui si riaccendono i motori di tutto. Almeno dei mezzi pubblici.

the national: exile vilify

Standard

giusto

Standard

Giusto è un insegnante di pianoforte, sposato da sempre con un’infermiera andata in pensione giovanissima, e ha una figlia piccola che va a danza e promette bene, ma non sembra interessata alla musica se non come corollario dei suoi balletti. Giusto ha gli occhialini tondi ed è un po’ sovrappeso, come molti papà che fanno vita sedentaria. Vive in un appartamento di un palazzo moderno in periferia, con le pareti che sembrano di cartongesso tanto lasciano filtrare i rumori: il pianoforte nello studio ha costantemente la sordina inserita, e solo le esecuzioni importanti, per esempio quelle dei suoi alunni che preparano il diploma, possono essere eseguite senza. Per questo le lezioni dei diplomandi sono organizzate in orari in cui il volume della musica non reca fastidio.

E la cosa paradossale è che l’appartamento è proprio sopra a un negozio di strumenti musicali, in cui dalle 9 alle 19, pausa pranzo esclusa, si alternano principianti che provano chitarre e ampli, magari con qualche effetto intermedio. O bassisti virtuosisti che slappano come Marcus Miller. O pianisti da night club che scelgono le tastiere con accompagnamento, quelle che permettono loro l’evoluzione, anzi, involuzione a one man band, per fare a meno finalmente del sassofonista ubriacone o del chitarrista che poi si imbosca sempre con qualche entreneuse. Quindi la giovane promessa della musica classica è lì impegnato nel dimostrare le sue sei ore di studio quotidiano a lezione, e un timido Mozart viene coperto dal riff di Smoke on the water, o Schubert sembra andare a tempo con un ritmo elettronico di beguine. Ma quello è il mestiere di Giusto, insegnarti a ascoltare solo quello che esegui: il solista è tale, e fino al titolo accademico non ci sarà altra applicazione della pratica pianistica.

Il maestro Giusto una volta suonava anche jazz. Ma negli anni dell’hard bop, del free e del jazz modale dalle nostre parti si era ancora arenati su un mainstream swingato, dove il massimo dell’avanguardia da emulare poteva essere un tempo dispari di Time Out. E giusto Giusto, di Dave Brubeck, ha una profonda conoscenza. Ma poi si sa, il piano di studi degli studi di piano è rigido, il punteggio accademico e il conseguente attestato di diploma è valutato solo a seguito di studi classici. Quindi Giusto mette lo swing nel cassetto. Ma chi è curioso come lui può sperimentare qualche autore classico un po’ di nicchia, come Scriabin o Pick-Mangiagalli da eseguire all’esame finale, qualche piccola soddisfazione prima di gettarsi a capofitto nell’insegnamento presso la scuola pubblica e le lezioni private.

Giusto è anche un compositore. Scrive pezzi per piano, per organo, per orchestra, quasi tutti in la minore, una tonalità e un modo che gli calzano a pennello. Ha composto un piccolo capolavoro, di cui una piccola edizione locale ne stampa lo spartito. E con il tempo escono numerose raccolte di suoi pezzi per piano solo, sempre pubblicati dall’edizione discogafica locale, che Giusto regala ai propri alunni, con dedica. Giusto prende alunni di terza e quarta elementare e inizia da lì il suo percorso di insegnamento. Li aiuta a crescere, vita e musica vanno pari passo. Poi i bambini diventano ragazzi, è Giusto il primo ad accorgersi sei hai fumato una sigaretta prima di entrare a lezione perché mentre suoni devi respirare e lui è lì dietro a controllare la tua interpretazione. Ed è il primo a capire quando la musica classica non è più nelle tue corde, perché il rendimento cala, le mani che guidano la tastiera vorrebbero impadronirsi di altre cose e altri suoni anziché le rigide metriche di Bach, sporcare note, sperimentare armonie. Ma quella è una scusa di qualche alunno, perché le sei ore al giorno alcuni le trascorrono a spasso, oppure sì sul piano, ma a suonare sui dischi, quando possibile.

Giusto non ne riesce a trattenere alcuni, le lezioni da una a settimana diventano una ogni quindici giorni, poi l’anno successivo quell’alunno non c’è più. Non è certo un problema economico, la lezione persa sarà rimpiazzata da un altro bambino di terza elementare, nel quale genitori distratti hanno intravisto un piccolo prodigio della musica classica. Giusto poi è diventato vecchio, ma se ti fermi a salutarlo mentre passeggia con la sua signora gli fa senz’altro piacere.

lowonomastica

Standard