uscite la chitarra di Zamboni, su

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Se siete o siete stati musicisti, saprete meglio di me che lo strumento su cui sfogate le vostre passioni o, meglio, lavorate è quasi più importante dei vostri stessi famigliari. A meno che voi non siate il chitarrista degli Who o di altre band iconoclaste che amano infrangere i tabù ancor prima dei ferri del mestiere – e che ferri – lo strumento musicale ve lo portate persino in camera quando rientrate ciucchi persi dai vostri concerti nelle birrerie di periferia davanti ai soliti quattro sfigati che nemmeno vi hanno prestato attenzione. Lo strumento musicale viaggia nel posto a fianco di voi in macchina, in treno e persino in aereo. Entra al ristorante e si piazza tra le vostre gambe come il più affettuoso dei cani con tanto di pedigree. Lo si trasporta in custodie che nemmeno gli esplosivi, gli si sta appresso più di un neonato, lo si mostra con orgoglio ad amici e parenti più di qualunque partner in amore. Lo si porta dallo specialista con cadenza regolare per preservarlo da qualunque malanno, ha un suo set per l’igiene personale, ha una sua stanza dove lasciarlo giocare con i suoi amici preferiti. Ci sono tonnellate di aneddoti sul rapporto viscerale che sussiste tra un musicista e il suo strumento, ne conosco davvero a pacchi e magari un giorno li metterò per iscritto. Ricordo, per esempio, quando il mio gruppo suonò prima di un comizio di Bertinotti in una piazza di Parma l’ultimo giorno di campagna elettorale delle politiche del 96, quelle che poi vinse l’Ulivo, la Canzone Popolare, quei begli anni lì. Bertinotti argomentava e dietro di lui c’eravamo noi con tutti i nostri strumenti montati sul palco, pronti a partire non appena avesse finito di parlare. Poi il dramma. C’era vento, e un frammento del suo sigaro è volato sul fa della prima ottava del mio Yamaha SY85 facendo un bel buco. Sapete, le tastiere dei synth sono di plastica. Una tragedia che ha messo alla prova la mia fede politica di allora, avrei dovuto pensare bene dove concentrare i miei ideali. Vabbè.

Ora ieri si è consumata una tragedia. Sulla sua pagina Facebook Angela Baraldi ha pubblicato questo annuncio, che vi riporto “as is”:

LA CHITARRA DI MASSIMO ZAMBONI GIBSON DELUXE 1969 SMARRITA NEL PARCHEGGIO DELL’ARCI TOM DI MANTOVA

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IMPORTANTE!!!
MESSAGGIO RICEVUTO DA MASSIMO ZAMBONI E DALLA SUA CHITARRA
una Gibson Deluxe del 1969
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CHIEDO AIUTO A TUTTI! Ieri sera ho commesso una delle sciocchezze più grandi che potessi commettere, lasciando la mia storica chitarra Gibson nel parcheggio dell’ARCI TOM di Mantova. Ovvio che non ne è rimasta neanche l’ombra, e a me è rimasto un malincuore che non avrei mai supposto. Non voglio affliggervi, ma vi chiedo la cortesia di allertare tutti i vostri eventuali amici mantovani, o chiunque senta parlare di un ritrovamento miracoloso, o chiunque si senta offrire una Gibson d’epoca… contattatemi. Prometto ovviamente una ricompensa, ma questo sarà solo una parte della mia gratitudine. La chitarra è una Gibson Deluxe del 1969, colore oro, con meccaniche non originali, pick up mini humbucking – Grazie davvero,
Massimo Zamboni info@massimozamboni.it
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Oggigiorno, come sapete, rubano di tutto. A me hanno portato via il fanalino di una bici scassatissima, prima di portarmi via pure la bici. Una delle tre che mi hanno rubato. Questo per dire. E anche se il colpo l’ha messo a segno la più ignorante delle bestie di strada, che da una chitarra qualcosa ci si ricavi al mercatino delle pulci lo sanno pure i bambini. Posso immaginarmi la gioia di chi ha avuto la fortuna di portarsi a casa una Gibson Deluxe del 1969, per di più di un ex CCCP.

Ma il punto è un altro, e lo metto per inciso qui, diretto al destinatario: Massimo, cosa ti è venuto in mente? Come hai potuto lasciare la tua chitarra incustodita? Come è possibile dimenticarsi di uno strumento musicale? A cosa pensavi? Quale preoccupazione ha obnubilato la tua concentrazione tanto da non accorgerti dell’assenza di una parte consistente di te? Comunque non voglio infierire più di quanto non abbia già fatto il destino nei tuoi confronti. Anzi, da queste pagine la massima solidarietà. Ti siamo vicini, Massimo. Magari chi ha preso la tua chitarra passerà di qui e leggerà questa dichiarazione d’amore universale rivolta da chi suona a chi traduce il nostro amore in vibrazioni, qualunque esse siano.

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la formula è (solo una terapia)x34

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Ai tempi delle affinità e divergenze tra il compagno Togliatti e noi del conseguimento della maggiore età non esistevano i testimania e azlyrics che ci sono oggi, fondamentalmente perché non c’era nemmeno l’Internet, così per imparare a memoria o seguire i testi oltre a consumare i solchi dei vinili l’unica via facilitata erano i canzonieri e gli spartiti che, però, costavano un occhio della testa. Senza contare che i CCCP ancora grazia che facevano i dischi, figuriamoci rientrare in una pubblicazione che la cosa più trasgressiva che aveva in catalogo erano i Nomadi di cielo grande cielo blu.

E nel caso dei testi di Ferretti l’ascolto ripetuto non aiutava nella comprensione delle parole, un po’ per i testi stessi, un po’ per il suo modo di parlare sui pezzi, un po’ per il missaggio che teneva la voce molto in secondo piano rispetto a come siamo abituati a percepire i cantanti. Ai tempi andava di moda giustificare questa scelta dicendo che in fondo la voce è uno strumento come gli altri. Un cazzo, permettetemi la finezza. Se mettessi le mani io sulle bobine di quel disco lì dei CCCP alzerei la traccia della voce di almeno un paio di tacche per evitare ai posteri le figuracce che facevamo noi con le ragazze intellettual-alternative fraintendendo la maggior parte del significato dei brani tanto che ci era impossibile sia scriverne i passaggi correttamente sul diario o sui banchi di scuola, sia cantare le canzoni ai concerti senza gli sguardi divertiti delle persone intorno. E non mi riferisco a un pezzo come Allarme, in cui Ferretti è talmente basso prima del (diciamo) ritornello che non sembra nemmeno dica cose di senso compiuto. Sempre che ne dicesse, eh. Poi è arrivata la rete a salvarci, e da allora è stato possibile con un clic accedere agli astrusi testi di Ferretti e vi assicuro che le divergenze con l’originale erano molto di più di quelle che ci immaginavamo e, soprattutto, con il compagno Togliatti. Qualche esempio?

(quello che io capivo e cantavo/che cosa dice il testo)
traccia 1: CCCP

Ricordati la pelle, organizzata/Come una malattia della pelle localizzata
ogni limitudine e chanche, un disturbo residuo/Ogni irripetibile chance un disturbo residuo
Pravda, Rude Pravo, Tribuna Ludu, KGB
un altro te, un uomo nuovo/Altroché nuovo nuovo
sensazionale, aspettare per l’occasione propizia/Sensazionale afferrare l’occasione propizia
indicati da una crocetta, la qualità la qualità desiderata/Indicare con una crocetta La qualità, la quantità desiderata
fedeli alla linea, CCCP, SSSR
fedeli alla linea, la quale non c’è/Fedeli alla linea, anche quando non c’è
quando uno è malato, quando muore, o è dubbioso, o è depresso/Quando l’imperatore è malato, quando muore o è dubbioso o è perplesso
fedeli alla linea, la linea non c’è
fedeli alla linea, CCCP, SSSR
un altro te, un uomo nuovo/Altroché nuovo nuovo

traccia 3: MI AMI (la parte veloce)
sei bello allucinato, la situazione estrema/Io attendo allucinato la situazione estrema
non hai un bisogno liquido ti vende la tua pelle/Un grande sogno nitido chiedendo alla tua pelle
se accusi il barbiere un’amorosa quiete/Con dita di barbiere un’amorosa quieta
sfioranti come a caso con l’aria imbarazzata/Sfiorarti come a caso con aria imbarazzata
la costola pesante, devolvo la pensione/Atmosfera pesante, elogio alla tensione
tranquillità assoluta

un rapimento, un’estasi
sul punto delicato
questa non è una dialettica fragile e leggera/questa non è una replica facile e leggera
non è una mossa tattica
mi ami?

un’affinità elettiva o quale futuro/L’affinità elettiva è orfana di futuro
oscuri i progetti se gradisci la quiete/Disturba i progetti, rapisce la quiete
spera i posti sospeso/Svela i conti in sospeso
accarezzati il sogno/accarezzati in sogno
in tempo scassato che gira, rigira/in un tempo spezzato che gira, rigira
ritorno all’inizio
non vuole finire
mi ami?
smettila di parlare, avvicinati un po’

traccia 5: Valium Tavor Serenenase
Il Valium mi rilassa
il Serenase mi stende/Il Serenase mi distende
il Tavor mi riprende
cerchi l’energia/C’è chi mi dà energia
e chi la porta via

e voi cosa volete
dite cosa vi fate/Di che cosa vi fate?
dov’è la vostra pena
qual è il vostro problema
perché vi batte il cuore
per chi vi batte il cuore
meglio un medicinale che una storia infernale/Meglio un medicinale a una storia infernale
meglio ti batte i nervi o dei più batte i nervi/Meglio giornate inerti o dei capelli verdi
eppur tutto va bene, va tutto bene/Eppur tutto va bene, va proprio tutto bene
malgrado l’appetito il Valium per dormire l’ho finito/Manca un po’ l’appetito e il Valium per dormire l’ho finito

rozzabrianza

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Visto che ci sono territori la cui notorietà sale e scende a seconda del momento, e in questo periodo la Brianza che presto non sarà più una provincia non può essere nemmeno una regione a sé e in più la macroregione del nord sta perdendo pezzi importanti – roba che scota – la stessa Brianza sembra essere al centro dell’attenzione per il film di Virzì sul quale non mi pronuncio. Non l’ho ancora visto e non so a quale capitale umano si riferisca. Ne ho però avuto un assaggio su un treno ad alta frequentazione sulla direttrice verso Monza, dove due ragazzini ascoltavano musica ad alto volume da uno smartcoso. Un’abitudine sempre più frequente e fastidiosa, il che è una disdetta proprio ora che stava per estinguersi quell’altra mania di tenere le suonerie a palla. Comunque il nocciolo della questione è che nel 99,99 per cento dei casi quando c’è qualcuno che ascolta musica ad alto volume negli spazi pubblici potete stare certi che si tratta di musica di merda, e non so se sia più di merda il rap italiano dei tarri italiani, il reggaeton dei tarri sudamericani o la tecno dei tarri del resto del mondo. Comunque i due ragazzini sono stati costretti ad allontanarsi da un folle che si è avvicinato loro, un tizio rude e sgarbato sulla quarantina che, esasperato, ha estratto un tablet da 7 pollici e ha sparato a manetta Rozzemilia dei CCCP. Molti viaggiatori – il treno era gremito – si sono spaventati, sapete, di questi tempi. Qualcuno deve aver persino pensato che il tablet potesse esplodere. Ma io manco a dirlo ho apprezzato. Come a dire: punirne due per educarne cento.

e noi del conseguimento del sessantesimo anno di età

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Mi unisco all’agiografia dedicatagli da Leonardo su Il Post augurando a Giuliano Lindo Ferrara, pardon, Giovanni Lindo Ferretti di trascorrere un lieto compleanno nella sua Emilia Paranoica ora miracolata. Vi confesso che non ero poi così deciso nell’espormi fino a quando ho dato un’occhiata a questa splendida versione di “Io sto bene” in cinese, postata da un blog più che meritevole di essere seguito, e giuro che riguardo alla cover non sono ironico: l’interprete cinese, con tanto di copricapo evocativo che va oltre la post-modernità, riprende pienamente lo spirito di uno dei migliori pezzi dei CCCP. Molto meglio, per dire, delle parodie e degli adattamenti realizzati – per esempio – recentemente da tribute band composte da ex componenti originari del mio gruppo filosovietico preferito. Quanto a te, caro GLF, lo sai che a noi piace ricordarti così. Senza offesa, eh.

alla riscossa

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Qualche cimelio ce l’ho anche io, e mi sono fermato in tempo prima di comprarne uno nuovo per il quale avrei buttato via dei soldi, anche se pochi. Avevo già una maglietta della nazionale DDR di non so che sport in mano, mi trovavo in un negozio di abbigliamento usato a Berlino dai prezzi davvero vantaggiosi. Poi ci ho riflettuto. Continua a leggere

trapassato dal futuro

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La musica pop è ricca di esempi di celebrità di sesso maschile che altro non fanno che applicare la tipica curva ormonale e, più in generale, esistenziale del loro genere di appartenenza alla carriera. La stessa curva che contraddistingue la vita dei comuni mortali, invero. Acquistano popolarità in quanto giovani ribelli che si bombardano di sostanze stupefacenti e groupies ed eccessi vari. Poi verso i trenta – ma ultimamente anche verso i quaranta – diventano adulti e iniziano ad occuparsi e a parlare di cose serie, magari perché nel frattempo hanno messo su famiglia. Poi iniziano i primi acciacchi, causati anche dagli eccessi esercitati in precedenza, ed ecco che apriti cielo, si percepisce che in fondo non siamo così immortali. Quindi si manifesta la svolta mistica, il pizzetto ormai bianco e il codino da santone, lo yoga e la spiritualità, che nelle popstar coincide spesso con una svolta acustica, world music se non addirittura new age. Ma alla lunga ti fai due palle così, un tempo tifavi rivolta in faccia a un pubblico esterrefatto e ora sei qui a intonare a occhi chiusi Adeste Fideles in chiesa. Nel frattempo maturi il sentore che, in fondo, sei sempre lo stesso, ti tira come in gioventù, la vecchiaia che hai sempre temuto e che hai pensato che il modo migliore per sconfiggerla fosse fartela alleata è ancora distante, hai davanti almeno ancora un decennio buono prima del tracollo. Così riformi la banda, colleghi come una volta il distorsore tra la chitarra e l’ampli e ti godi la seconda giovinezza, più o meno come nella vita normale i cinquantenni che fuggono con le ventenni. Ecco, non mi stupirei, tra poco, di un ritorno sulle scene dei CCCP.

gli italiani lo fanno così così

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Capisco che l’esterofilia fine a se stessa sia scostante, e non vorrei certo sembrarvi antipatico. Anzi. E vi assicuro che mi impegno a seguire il panorama locale in ambito musicale, editoriale e cinematografico. E probabilmente lo farò ancora, anche solo per un briciolo di campanilismo. Ma, diamine, mi cadono sempre più le braccia.

Per farvi un esempio, anzi tre ma partiamo dal primo, fino a qualche anno fa seguivo con acceso interesse la musica italiana, le nuove band e il trend del momento, affidandomi soprattutto ai principali siti specializzati, come quelli che organizzano i festival dei baci e degli abbracci. Il motivo? Da una parte era il retaggio che mi portavo dietro da sempre, avendo occupato gran parte della mia vita (almeno 30 anni) a suonare in gruppi più o meno underground. Se volete saperne di più, questo blog è pieno di riferimenti alla mia vita precedente, e vi consiglio di iniziare dalla fine di quella esperienza. Seguivo i forum, partecipavo alle discussioni. Ma anche prima di Internet, ho letto e mi sono costantemente tenuto aggiornato, in un percorso che parte dagli Area passando per Diaframma, Litfiba e CCCP, poi svolta con Almamegretta e Casino Royale, sempre dritto per arrivare a Scisma e Subsonica. Ho parcheggiato di fronte agli Offlaga Disco Pax e sono sceso dal mezzo, autoradio alla mano, perché era subentrato nel frattempo il nulla più assoluto.

Più difficile argomentare la mia esterofilia in ambito letterario, sono meno competente (o più cialtrone, dipende dai punti di vista), il campo è oltremodo più vasto, più difficile da conoscere approfonditamente e da valutare. Diciamo che, esaurita la bibliografia del ‘900 italiano, ho perso l’orientamento passando da Pavese, per fare un esempio, a un qualsiasi autore emergente. Le poche volte in cui ho dato un’opportunità a uno scrittore locale (passatemi l’aggettivo), mentre mi si ripresentava a menadito il metro quadrato storico, politico e geografico in cui erano state ambientate le vicende descritte nell’opera di turno, già rimpiangevo la sicurezza dei parametri che utilizzo in fase di scouting di nuovi autori per il mio tempo libero. Ovvero: nati possibilmente tra l’Oceano Atlantico e il Pacifico (procedendo verso ovest), a nord del Messico e a sud del Canada (con l’eccezione di Coupland e degli autori nati in Alaska), tra il 1900 e il 2011. Un sottoinsieme già di per sé infinito.

Il terzo e ultimo elemento di riflessione riguarda il cinema. Qui converrete con me della difficoltà (mi veniva da scrivere dell’inesistenza, poi ho pensato che sarei risultato antipatico agli estimatori di Moretti, Martone, Costanzo, Sorrentino e Virzì, quei pochi di cui ho seguito l’attività) di mettere insieme un elenco sufficientemente corposo di prodotti di oggettivo valore, se comparati a omologhi lavori indipendenti o no realizzati all’estero. E anche in questo caso non so quanto sia determinante il fatto che altrove il cinema è un’industria mentre da noi è un hobby per figli di papà. Non so se il mio disagio di fronte ai film italiani dipenda dal gap qualitativo tra la recitazione degli attori (e dei loro accenti) e quella dei doppiatori di film stranieri, dalla piccolezza (si dice così) delle storie raccontate, un po’ come avviene per la letteratura, dalla scarsa attendibilità delle facce degli attori, dai registi.

Tutto questo per lanciare un appello: ridatemi speranza. Consigliatemi voi: libri, film e dischi italiani, di cui ne valga la pena.