le 10 migliori categorie sociali a cui negare i diritti civili

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Qualche giorno fa ci scherzavo su con questa boutade, poi ho pensato che no, a pensarci bene si tratta di una cosa seria e fattibilissima. Ci sono quelli che vogliono impedire a chi gli piace l’uomo o la donna (ma per un motivo o per l’altro sono del sesso sbagliato rispetto a quello che certe credenze primitive ritengono lo standard) di essere riconosciuti come famiglia e crescere dei figli. Il tutto per ragioni del tutto arbitrarie a partire da cose tipo “un bambino deve avere come esempio una coppia costituita da un genitore maschio e uno femmina per diventare un adulto equilibrato” fino a tirare in ballo certe teorie fantasy.

Allora ho deciso che anch’io posso scegliere una o più categorie sociali o umane a cui negare uno o più diritti, perché no? Perché un certo sadismo è consentito ad alcune persone e ad altre è negato? Anche questa è un forzatura contro la mia libertà. Chi siete voi per decidere il modo in cui gli omosessuali debbano vivere e a me si vieta il diritto di auspicare che i fumatori non debbano tenere animali di piccola taglia in casa, tanto per fare un esempio campato in aria? Anch’io rivendico il mio diritto di negare i diritti a qualcuno, e se mi lasciate la facoltà di scelta ecco le 10 migliori categorie sociali su cui intendo riversare la mia eccentrica verve razzista.

10 – Parto dal fondo indicando le persone che guidano occupando la corsia centrale anche quando quella di destra è vuota. Che esempio di prepotenza potrebbero dare a un figlio o una figlia? I pargoli crescerebbero con la falsa consapevolezza che è lecito ostacolare la marcia di altre persone bloccandone l’accesso di diritto. Sarebbe meglio che chi guida nella corsia centrale anche in condizioni di traffico scorrevole non si riproducesse né adottasse bambini altrui, grazie.

09 – In effetti i metallari mi piacerebbe che si estinguessero dalla faccia della terra, potete immaginare il perché. Un tempo chi ascoltava i Cure era facilmente preso di mira dai boriosi fan di AC/DC e Iron Maiden, quindi eviterei che il seme della tamarraggine capellona si spargesse ancora per le vie del mondo (signor). Grazie. E nemmeno matrimoni, ché comunque le metallare non sono male quindi ci sarebbe più possibilità per le altre categorie come i dark.

08 – Ecco, voi che filmate con i vostri smartcosi i partecipanti dei talent show e grandifratelli vari quando prendono fior di quattrini in discoteca o negli eventi pomeridiani organizzati nei centri commerciali di provincia, io decido che da domani non potete più adottare figli, averne di vostri e andare a trovare all’ospedale sul letto di morte il vostro marito/moglie. Mi spiace, la percezione che trasmettete di voi è pessima e dovevate pensarci prima. Sono irremovibile.

07 – Basta motociclisti conciati con tute in pelle e caschi aerodinamici anche solo per fare venti km di autostrada come se fossero al gran premio. Rovinate il senso estetico delle code in uscita alla tangenziale ed è una cosa che trovo contro natura. Per voi niente progenie a cui lasciare in eredità la vostra Harley Davidson.

06 – Ehi, dico a te. Ti occupi di aeromodellismo? Hai chiuso, amico. Per te non c’è futuro, se ti becco con i tuoi cazzo di giocattolini a far casino la domenica mattina al parco con tuo figlio ti tolgo immediatamente la patria potestà, di idioti in famiglia uno basta e avanza.

05 – Io odio gli abitanti di Terni. Così. Stamattina mi sono svegliato e ho scelto un punto a caso sullo stradario dell’Italia ed è venuto Terni. Agli abitanti di Terni dico che sono finiti i tempi delle vacche grasse, da oggi la musica cambia. Decido io chi si sposa con chi e, per quanto riguarda i figli, vediamo domani come mi gira.

04 – La posizione numero quattro è dedicata a Biagio Antonacci. La sua musica è inutile e io non voglio che ammorbi una compagna con le sue composizioni. Tantomeno un figlio. Quindi niente diritti civili per Biagio Antonacci.

03 – Ma entriamo nel vivo della classifica. Avete presente quelli che lavorano in Accenture? Ecco. Penso che chi lavora in Accenture non sia sufficientemente adatto a rappresentare il genere umano e che abbia abbastanza dignità da essere considerato un esemplare riproduttivo. Mi spiace ma è così. Prendere o lasciare. O ti licenzi da Accenture, allora puoi comportarti come vuoi, ma finché avrai un regolare contratto lì i diritti civili te li puoi scordare.

02 – Non potevo non dedicare la seconda posizione a tutto l’elettorato dei grillisti. Sono tanti, lo so, ma anche gli omosessuali sono una compagine alquanto nutrita, quindi che differenza fa? Se vedete due grillisti che si tengono per mano ritenetevi in diritto di comportarvi come meglio credete.

01 – Ma la categoria sociale che può costituire il peggiore esempio per le generazioni future e quindi è meglio evitarne la moltiplicazione è quella degli evasori fiscali, piccoli e grandi. Perché popolare il nostro territorio con altri farabutti pronti a intasare ospedali e scuole pubbliche costruite e mantenute grazie ai soldi presi direttamente dai guadagni di noi lavoratori dipendenti? L’insegnamento di una coppia di partite Iva o di artigiani può essere oltremodo lesivo per l’integrità di un bimbo, chissà che idea potrebbe farsi dei cittadini e dello stato. Ecco, se posso scegliere la peggiore delle categorie di persone a cui togliere la possibilità di avere un futuro la mia preferenza va a loro. Senza contare che si risolverebbe, in un’unica botta, anche la questione della patrimoniale.

E tu, hai espresso la tua preferenza? Calciatori, medici omeopatici, persone con la cadenza toscana, ex ciclisti, eventualmente anche blogger: sono così tante le categorie, c’è solo l’imbarazzo della scelta.

caso Barilla, dopo la gaffe pronto il pane del perdono

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Niente, mi faceva ridere un titolo così. Perdonate l’interruzione, tornate pure alla crisi di governo.

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lasciate che i bambini vengano a me e non glielo impedite

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In Italia lasciare i bambini fuori dalla Chiesa, dai sacramenti e dal catechismo non è cosa semplice. Nella classe di mia figlia sono in cinque, lei compresa, a non essere battezzati per esempio, ma tre sono musulmani. Quattro di loro fanno un’ora alternativa all’ora di religione, noi abbiamo pensato invece che comunque avrebbe potuto essere interessante per nostra figlia sapere di che si tratta, darle strumenti affinché possa decidere da grande, se vorrà, come comportarsi con la religione. Non si è rivelata una scelta oculata, perché non abbiamo tenuto conto del fatto che preparare la comunione, seguire i riti, i canti comandati, studiare la mitologia che sta intorno al cattolicesimo è oltremodo attraente per i bambini curiosi, categoria a cui mia figlia sembra appartenere. Tanto che più di una volta, e poche ore fa si è consumata l’ultima, ci ha chiesto perché non è stata battezzata e ci ha confessato che le piacerebbe seguire catechismo e preparare la comunione.

La motivazione ufficiale è che si trova in minoranza nel gruppo dei pari. Sono convinto non sia giusto forzare i piccoli a sentire la diversità come un valore, perché per loro è difficile sviluppare una maturità emotiva adeguata. O magari la sviluppano, ma i compagni di classe non sempre la capiscono. A noi sembrava peggio estrometterla dall’ora di religione, era come rimarcare in modo più accentuato una differenza culturale, tuttavia il problema si presenta con una certa ricorrenza.

Ma devo ammettere che parlare molto chiaramente, non mentire sulle proprie posizioni anche quando si pensa siano difficili da afferrare per i figli alla fine paghi. E non è stato nemmeno così complesso spiegarle perché non siamo credenti e praticanti, e soprattutto perché ci sentiamo così lontani da una comunità politica e spirituale che nega i diritti fondamentali alle persone omosessuali, portandole l’esempio di una coppia di amiche di famiglia, compagne di vita, che lei stima enormemente e che per lei sono più che zie. Perché vuoi far parte di una comunità che impedisce a loro di sposarsi, di adottare figli, di costruirsi una famiglia come la nostra, influenzando addirittura la legislazione e i poteri politici che potrebbero permettere tutto ciò? A sostegno della tesi le abbiamo mostrato gli esempi degli stati stranieri che, privi di un sistema di opinion leading interno come il Vaticano in Italia, possono difendere le coppie dello stesso sesso dai pregiudizi socio-culturali con l’informazione, con la cultura e, soprattutto, con la legge (ovviamente con terminologia adeguata all’età).

Non so, non nego che la cosa ci crei confusione, ma penso che sia un metodo vincente, alla lunga. Lei potrà comunque non privarsi dell’aspetto favolistico della religione, il Natale e tutto il resto, le feste che hanno un fascino indubbio e difficile da sostituire con un’alternativa altrettanto appagante. Ma se si ripresenterà il problema, sono certo che useremo gli stessi argomenti a difesa della nostra scelta. Per continuare la sana cultura cattocomunista di famiglia.

papale papale

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Le opinioni degli impiegati della sede centrale e delle filiali di quella organizzazione che per semplificare chiamerò Chiesa mi interessano poco o niente. Non sono rappresentanti dello stato in cui sono nato, non fanno parte di un partito a cui sono iscritto, non sono una mia azienda cliente. So che fanno di tutto per influenzare l’opinione pubblica e la struttura stessa della società cercando di distribuire gratuitamente i loro prodotti soprannaturali, i loro preservativi per coscienze e a volte ci riescono perché hanno una forza vendita agguerritissima, ma, ripeto, non mi scalfiscono nemmeno un po’. Trovo sacrosanto (mi si perdoni il gioco di parole) che, dato il loro statuto, parlino secondo i loro princìpi, e parlano ai loro – come chiamarli? Adepti? Fedeli? Stakeholder? Elettori? Non parlano a me, e non nego che il fatto che i media, anche quelli di mio riferimento, dedichino titoloni e spazio alle esternazioni di condanna su pratiche sessuali, etica, comportamento, modelli di vita, mi urti e non poco. Vendola pecca più di Berlusconi perché è omosessuale? Sì, può essere, anzi, è il punto di vista di una corrente di questa organizzazione, giusto che la pensino così se è in linea con i loro valori. Ma non considero l’organizzazione di cui sopra un referente autorevole addirittura degno di confronto con una qualsiasi autorità laica e civile. Una comunità come tante altre, ecco, con una serie di portavoce come tanti altri. E a me – ripeto – non interessano le loro opinioni, non è il caso quindi di indignarsi per ogni idiozia che si legge in giro.

vedo gente, faccio gaffe

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Uno cerca di essere il più maturo possibile, equilibrato, ponderato nei commenti, fermo nei propri convincimenti, sempre consapevole delle cose che vanno dette e che vanno fatte seguendo i propri principi. State calmi, ho scritto “cerca”. Ma come succede (appunto) alle elementari, un giorno ci si ritrova un compagno di banco un po’ caciarone, e siccome il 90% dei propri comportamenti sono pose, basta un calo di pressione, una giornata con un tasso di umidità da Foresta Amazzonica, uno sbalzo umorale da stomaco vuoto che le pastiglie dei freni inibitori saltano di punto in bianco e ci si ritrova a braccetto – in senso figurato – con il compagno di banco di cui sopra, con anni di studio e di applicazione tecnica del saperci fare in società gettati, pardon, nel cesso. Come, una volta, chi si diceva repubblicano (sì, un elettore del PRI) al terzo bicchiere di vino intonava canzonacce del ventennio, o, dall’altra parte, era sufficiente trovarsi in tre a sinistra per programmare piani quinquennali per il governo della propria cittadina. Nel mio caso, il mio raffinato (ehm) senso dell’umorismo talvolta scende a un livello tale da non sfigurare tra i testi di Elio e le Storie Tese. Attenzione, non si tratta di una comparazione qualitativa (magari avessi il loro acume) bensì di, diciamo, volgarità gratuite.

Quindi attenti, mentre date velocità ai vostri sproloqui, a chi vi sta vicino e la cui conoscenza non è approfondita, perché la figuraccia è pronta a materializzarsi tra voi e, per esempio, il collega arrivato da poco. Che, se timido, non vi fa notare nulla e poi, quando venite a sapere da terzi che è proprietario di una Mini dopo che avete messo la suddetta autovettura al top della classifica degli status symbol da tamarri durante un discussione in cui lui era presente, difficilmente riuscirete a guardarlo negli occhi. A volte invece, colpito nei sentimenti ma desideroso di vendetta immediata, il vituperato prossimo vi gela con un “mia sorella lavora in banca” lasciandovi a bocca aperta alla fine del vostro monologo sulla pessima abitudine di prendersela con impiegati pubblici mentre dalle cassiere della filiale di un qualsiasi istituto di credito, solo perché ostentano un filo di perle e hanno potere di vita o di morte sui vostri soldi o perché il lavorare in banca una volta era il mestiere dei vip di quartiere, le persone accettano anche i più biechi torti. Ma il peggio di tutto, retaggio proprio della cultura da quattro amici al bar che non volevano cambiare nulla se non il loro tasso alcolico, è la classica, imperdonabile battuta sulle preferenze sessuali – nulla di omofobo, sia ben chiaro – che ti è uscita inavvertitamente proprio quando la tua nuova collega, appena arrivata, è gay ed è lì con te. E per fortuna che siede dietro, in macchina, e non coglie il palese arrossamento delle tue gote ma solo un muto imbarazzo, la vergogna fare capolino nello specchietto retrovisore, la voglia di chiedere alla maestra di cambiarti di posto ma a mille miglia di distanza, con la promessa di non farlo più.

storie di ordinaria folla

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L’informazione è ormai considerata un diritto gratis dell’uomo metropolitano. Mi riferisco all’evoluzione del genere cui apparteniamo anche noi frequentatori dell’ambiente social e virtuale, ovvero l’insieme di bipedi che brulicano sottoterra nelle ore di punta per raggiungere il posto di lavoro. Non si spiegherebbe la profusione di pusher di attualità distorta che presidiano i numerosi varchi di passaggio all’inferno, voragini segnalate da una emme bianca in campo rosso che ogni elettore vorrebbe sempre più vicino al portone di residenza per diminuire il percorso outdoor e la conseguente esposizione alle polveri sottili, se non per veder aumentare il valore del proprio stabile.

Uomini con pettorina di tutte le nazionalità infondono consapevolezza sociale consegnando a cottimo i propri contenitori cartacei pieni di copia e incolla, comunicati stampa elaborati il minimo sindacale e publiredazionali. Ma la free press è anche un ottimo stimolo di evasione dalle celle del sudoku, passatempo ora sempre più desueto e che prima o poi sarà soppiantato definitivamente da app di vario genere.

Sui convogli a rotaie di più lunga percorrenza, che si distinguono dai mezzi dedicati al tratto urbano dal posizionamento dei sedili, è facile abituarsi alle facce degli habitué, tanto che se li incontri sopra, alla luce del sole, quando c’è, e non sei sufficientemente pronto, cadi nell’errore fatale di rivolgere loro un cenno. Perché da quel momento in poi dovrai salutarli sempre.

Da una parte c’è chi resiste nel partecipare e vincere la sfida, come concorrente individuale, alla conquista quotidiana dello spazio vuoto minimo di sopravvivenza, il necessario a consentire i movimenti base, come voltare le pagine della gazzetta dello sport o gesticolare litigando al telefono con il partner del momento. I più fortunati possono godersi il posto al ritmo dell’hi-fi antisociale, determinante per mettersi al riparo dal volume delle suonerie con cui l’italiano usa comunicare al mondo la propria manifesta appartenenza.

La legge numero uno del pendolare misantropo è puntare il posto tra viaggiatori come te, che hanno qualcosa di carta – ultimamente va bene anche in silicio e touch screen – in mano contenente parole sul quale concentrano il proprio sguardo. Guai a trovarsi in mezzo a gruppi più o meno numerosi di persone che affrontano quel percorso ogni giorno insieme e hanno sviluppato confidenza. Nell’interregno del viaggio sui mezzi pubblici, in quell’ambiente mobile, un limbo tra casa e ufficio privo di responsabilità di alcun genere, se non il possedere la tessera elettronica di sopravvivenza mensile, i rapporti che nascono e si sviluppano sono preoccupantemente deleteri. Per il prossimo, intendo.

E oggi sono a pagina 15 di Libertà di Franzen, finalmente è arrivato il mio turno nella lista delle prenotazioni in biblioteca. Sono sintonizzato su un canale a prova di Radio Maria, nulla può distrarmi. Ma è come se avessi un sistema di difesa personale che esercita un’analisi dei contenuti, prima di consentire l’ingresso ai dati attraverso il firewall. La keyword questa volta è la parola “gay”. Non mi sono nemmeno reso conto che i 3 posti limitrofi al mio sono occupati da altrettanti pendolari, volti già visti. Due ragazze sulla trentina, di fronte, e un impiegato che ostenta un look tra l’agente immobiliare e il testimone di geova, al mio fianco. Viaggiano sempre insieme e sono da evitare come la peste, fidatevi. È ora di fare un blog di foto segnaletiche, altro che di facezie come questo. I tre wanted salgono la stazione successiva alla mia e oggi non è stato possibile non soccombere alla collisione.

“Racconta a Valerio dello scherzo che abbiamo fatto a Tiziano”, dice la trentenne A alla trentenne B. “Da morire”, inizia così la narrazione la trentenne B all’impiegato, che scopro appunto chiamarsi Valerio. Prendete nota. “Tiziano non sopporta i gay, davvero, li odia”. È questa frase che, come un’interferenza dopo una curva su una qualsiasi strada provinciale del litorale ligure alterna acriticamente le stazioni radio, irrompe alla mia attenzione. Che non è tanto il fatto che Tiziano odi i gay. Il mondo è pieno di gente stronza. Ma che una persona possa pensare di raccontare una storiella con un incipit simile in pubblico senza un minimo di pudore. “Allora praticamente sono andata sul sito dell’Arci Gay e ho trovato un fac simile della tessera. L’ho stampata, gli ho incollato su la sua foto con nome, cognome e firma, e poi gliela ho messa sulla scrivania”. I tre ridono di gusto e l’aria si fa satura dell’olezzo di una colazione dozzinale appena consumata nel bar della loro stazione di salita, probabilmente cappuccio e cornetto industriale testé gonfiato da un microonde.

Non so se ci sia stato un seguito, tipo che Tiziano abbia fatto un fotomontaggio delle due colleghe impiegate vestite da Nicole Minetti o in piscina con Rocco Siffredi, magari di Nicole Minetti in piscina con Rocco Siffredi, cosa che forse avrei fatto io se fossi stato un collega gay delle due trentenni, magari pubblicandolo in home page del sito aziendale. Sono sceso prima dell’happy end e non ho sentito il finale della barzelletta. Ho fatto attenzione al gap tra me e loro, fingendo di essere nella metropolitana di Londra. Quindi sono salito a rivedere le stelle, procedendo immobile sulla scala mobile, tenendo, come tutti, rigorosamente la destra.

un modo diverso per ricordare Pasolini a 35 anni dalla morte

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