quello che ci lega

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L’elenco del giorno potrebbe essere quello dei partiti o movimenti italiani dell’età repubblicana che non hanno mai deluso i propri elettori, un insieme nullo che fa venire in mente la lista delle squadre di calcio che non sono mai state in serie B, ne parlavo giusto qualche sera fa e ho scoperto che comprende un solo nominativo. Ma tornando alla politica, per un militante idealista convinto come quelli che formano la base storica della Lega, quelli con gli elmetti con le corna e l’acqua dell’ampolla, non dev’essere un bel momento, anche se non sono del tutto convinto che i padani che si sono lasciati abbindolare dalla paccottiglia celtica e dall’alleanza con quell’altro siano gli stessi che negli anni 80 gettavano le basi per un partito separatista del nord. La nostra storia politica è costellata di disillusioni per i motivi più disparati: gli estremisti che lamentano troppa moderazione, i passionali che ce l’hanno su con gli affaristi, i violenti che non vogliono deporre le spranghe, i laici che inorridiscono per la mancata secolarizzazione e così via. E, dagli anni novanta in giù, gli onesti che scoprono di sedersi a fianco dei disonesti. La domanda potrebbe essere quanto abbia senso appartenere a un’organizzazione partitica come abbiamo fatto fino ad ora, e cioè spinti da ideali e perché tutto sommato è bello avere sogni da condividere marciando in corteo con una bandiera in mano. Ma i sogni, se infranti, ci portano ben al di là della frustrazione, e alla fine non votiamo più e morta lì. La disaffezione alla politica, dopo l’ultimo eclatante episodio, subirà una ulteriore impennata. Ci salveremo soltanto diventando tutti quanti elettori tecnici.

prenderla con

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Ieri mio padre al telefono era convinto di aver passato la giornata sulla neve, nella casa di campagna in cui ha trascorso la maggior parte del suo tempo libero. Sembrava sorpreso del repentino peggioramento delle condizioni atmosferiche in estate, e questa è stata la conferma dei miei sospetti. Si era di nuovo perso nella sua testa, aveva rovesciato uno scaffale di ricordi e li aveva rimessi a posto incurante dell’ordine cronologico. Ovviamente, come per il resto degli ultimi mesi, non si era mosso dall’appartamento, l’unico particolare attendibile era il fatto che in quel posto di campagna aveva davvero nevicato, durante la notte, e qualcuno al telefono doveva averlo aggiornato. Così gli ho chiesto di poter parlare con mia mamma. Non mi pare sia tornata a casa con me, mi ha risposto. Per fortuna quando gli ho suggerito di guardare meglio in cucina, l’ha riconosciuta e me l’ha passata. Quindi è questo quello che ci aspetta – non è un pensiero che ho condiviso con lei, è che mi sono distratto mentre mi forniva un resoconto degli ultimi episodi che già sapevo ed è stato facile smarrirsi nella preoccupazione a quel punto. Quindi è questo quello che ci aspetta, ho pensato, un filo smangiucchiato che fa arrivare a singhiozzo gli input e altrettanto discontinuamente trasmette verso l’esterno e che nessuno è in grado di riparare come il vecchio telefono fisso da cui lei mi stava parlando. E come per i guasti più gravi di questo, ecco il volume che sfuma a zero verso la fine, un fade-out talvolta con un’interruzione brusca, che poi è quello che più o meno simmetricamente corrisponde a un principio e che giustifica l’eccezionalità dell’essere vivo. Il che è paradossale perché si tratta di un contrario che dimostra l’autenticità di una condizione che altrimenti non sarebbe tale. E se avessi studiato filosofia con giudizio ora potrei anche dirvi chi è che lo sosteneva.

non te ne compro un altro

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Per la prima volta dal dopoguerra ecco una generazione che vive peggio delle precedenti. Dietro ci sono quelli che hanno occupato tutti posti creati dalla modernità, davanti quelli senza futuro ma che almeno hanno il tempo e la gioventù dalla loro parte, nuove tecnologie per vivere più facilmente, i soldi dei loro genitori (che sono quelli dietro) e benefit come viaggi in aereo costosi quanto una pizza e una birra di cui fare man bassa in tutto il tempo libero che gli rimane visto che di lavoro non ce n’è. E nel mezzo questa generazione di sfortunati, intenti a guardare il palloncino che gli era stato messo in mano come premio per abitare il presente sgombro da crucci e che al primo colpo di vento è volato via, nemmeno il tempo di riuscire ad assicurare il cordino al polso che già era perduto, e non so che senso abbia stare fermi qui a seguirlo mentre si fa sempre più piccolo e aspettare che sparisca nel grigio delle nuvole su.

che ne dici

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Cercare conforto tra la folla o nel raggio di sole sotto il quale catturare un po’ di calore come in quel film dei miracolati milanesi inoperosi e per questo neorealisti poco realisti, è un’esperienza fallimentare e ne ho le prove. Intanto perché il sole in questi giorni non funziona o è difettoso. Secondariamente, tra il brusio della calca urbana e fintamente multietnica del mattino non si percepiscono belle parole. “Commercialista” è una delle esclamazioni più facili da cogliere, basta fare attenzione e prima o dopo qualcuno la pronuncia, ma converrete con me che non si tratta certo di una parola di quelle che uno la sente, sospira e si guarda davanti speranzoso nel domani. Anche “Maroni” è un termine che se si potesse dare vita a una nuvoletta con le keyword più hot del momento avrebbe un fontsize spropositato almeno da queste parti, che poi tutti lo collegano solo al Nuovo Ordine Padano ma come sapere i maroni qui sono sulla bocca di tutti, sopratutto la mattina e se fa freddo e vai al lavoro. Le occasioni non mancano. Stamane era molto in voga anche “contratto”, si dice che quando uno parla tanto di sesso è perché ne fa poco e tutti parlano di rapporti di lavoro perché non ce n’è. Infine in “home” c’è sempre qualcosa, lo trovi in home, se scorri la home in basso trovi il link, si danno indicazioni sui siti e tutti non vedono l’ora di arrivare e accendere il pc ma nel frattempo si sono dimenticati del consiglio. Quello che manca è la poesia, magari ce l’abbiamo dentro ma è talmente ben nascosta che non si vede, se la sussurriamo a chi ci cammina a fianco è inutile perché con tutto questo baccano non si sente nulla. O se ci scappa mettiamo la mano davanti come quando chi pensa di avere cose riservate da dire al cellulare si copre la bocca, qualcuno potrebbe pensare che parliamo una lingua straniera e allontanarsi diffidente.

come chi tiene il sacco

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Le aveva messo lui, Alex, la fregola di rubare, la stessa smania per la quale sarebbe stata ampiamente indulgente con sé stessa anni dopo, giustificandola come una fase in cui i bambini a un certo punto della crescita passano, tutti indistintamente. Ma dopo non era mai riuscita a trovare nessuno studio a supporto di una tesi così semplicistica e così aveva ritenuto opportuno mettere a essiccare anche questo segreto nell’apposito locale della sua memoria, insieme ai resti delle numerose ragazzate da espiare da grande con un comportamento retto e normale. Troppo facile. Continua a leggere

ritiro bagagli

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Quando rientri perché sei stato via sembra che nel frattempo tutto sia diventato un po’ così così, se torni da un posto che ti ha lasciato senza fiato e che non era in Italia poi non ne parliamo. Le vie non le vedi nemmeno, gli ambienti sono più claustrofobici e le voci e gli accenti ti sembrano dell’età della pietra, il linguaggio di una società che è rimasta secoli indietro a cose obsolete tipo il marketing ad ogni costo, l’arte dell’arrangiarsi perché non saper fare le cose non costituisce un problema o usare l’automobile sempre e comunque e comprarle addirittura una stanza tutta per sé perché altrimenti a tenerla fuori si rovina. Per non parlare dei concetti superati di eccellenza come le gambe depilate, l’uso del bidet, i maccheroni al sugo o l’arrogarsi il primato dell’eleganza nel vestire quando si vede anche dal finestrino di un aereo che sta atterrando quanto siamo poveri e privi di gusto.

campominato.exe

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Che ora per essere polically correct si chiama prato fiorito ma aver cambiato solo il nome non ha variato la sostanza. Se prima facevi un passo falso saltavi in aria, il che era un disastro, ma ora se sbagli a mettere il piede finisci su una “busa” di vacca il che non è una bella esperienza se calzi infradito, ma ti possono anche capitare le zecche se il prato fiorito si trova nei pressi di una zona boschiva alla mercè di animali facili prede di parassiti. Ma la dinamica è la stessa, fai attenzione alla prossima mossa perché se non usi l’arguzia tutto è contro di te e nel gioco puoi fare partite all’infinito ma nella vita sei spacciato o al massimo trovi persone ben disposte a sopportarti. E come difficilmente tieni uno storico della tua attività con i giochi di sistema di Windows così non è facile ricordarsi di quando qualcosa è esploso sotto di te o più verosimilmente hai inavvertitamente schiacciato un lascito canino per strada che nell’immaginario collettivo è l’errore per antonomasia – si dice che porti fortuna ma non ci ho mai creduto – e allora se procediamo per metafore ci vorrebbe ben altro che un blog per contenerle tutte. Continua a leggere

solitario.exe

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La rete inizia ad avere maglie sempre più ampie da quando i socialcosi ci hanno disabituato a filtrare quello che ci siamo lasciati alle spalle. Strumenti come Facebook sono diventati agglomerati di contatti in cui colleghi delle precedenti aziende in cui abbiamo lavorato siedono a fianco dei compagni del liceo inframezzati da emeriti sconosciuti che abbiamo raccolto a bordo perché condividono con noi la passione per una band o perché hanno messo un like a un pensiero condiviso, decontestualizzando una conversazione tra due che qualche grado di separazione ha reso di pubblico dominio. Centinaia di fototessere che vanno a comporre un quadro di relazioni improbabili tanto ne abbiamo perso il controllo, la causa di cui va ricercata nella nostra bulimia di stringere mani e presentarci come se là fuori non aspettassero altro che seguire i nostri aggiornamenti. Il problema quindi torna ad essere di qualità e non di quantità anche nei rapporti interpersonali virtuali, ma costretti a un sistema economico che ci impone di fare numero nei manufatti fabbricati come nei clic a una pagina web o come nelle persone da trascinare dentro a una discoteca abbiamo acquisito una forma mentis tale per cui la possibilità di scelta ci manda in tilt e così scegliamo tutto, per non sbagliare. Tutto quello che c’è a disposizione lo mettiamo nel piatto probabilmente perché siamo nati poveri anche nello spirito e il concetto distorto di amicizia sublima nel calderone del web, dove seguiamo gli schiamazzi e ci mettiamo dove c’è più rumore, per sentirci meno soli. E pensare che un tempo era sufficiente tenere la tv accesa.

esci il maglione e provalo pure

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Il profondo sentimento di invidia che mi pervade per il fatto che ti sei trasferita qui, nella capitale del primo mondo che in questo momento storico si chiama Berlino, dura solo quei pochi istanti in cui sembri voler sfogarti anche solo da un punto di vista linguistico con qualche tuo ex compatriota, possibili acquirenti che si aggirano con fare rispettoso della merce esposta tra scaffali e file di capi appesi agli appendiabiti in questo posto davvero carino che è metà bar e metà boutique di abbigliamento ennico, come si dice talvolta per scherzare su chi non riesce a pronunciare la ti prima della enne. Ma quando dici come battuta che noi italiani siamo penosi con il nostro inglese da scuola elementare l’idillio finisce perché so che hai ragione. Continua a leggere

un posto che prende il nome di un liquore o viceversa

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Il punto è che quando discutevate così, che è una modalità di confronto che secondo i miei standard rientra nella categoria del litigio, eravate pressoché perfetti, un’armonia che altrimenti non raggiungevate in nessun’altra condizione. Né quando vi comportavate da coppia tra le coppie e facevate il gioco delle parti che non vi riusciva mai perché uno, che era sempre lui, iniziava un aneddoto che una, che guarda caso era sempre lei, lo interrompeva quasi subito ricominciando il racconto da zero perché secondo lei – anche se non lo diceva ma si vedeva che era così – ci vuole più enfasi, bisogna saper essere narratori ed è importante non tralasciare nemmeno un particolare. Gli astanti però si accorgevano della dinamica tanto che lui alla fine ci scherzava su e diceva una battuta tipo guarda che comunque lo stavo raccontando io e allora tutti si mettevano a ridere. E può capitare che nel corso della stessa serata fosse lei a fare ammenda e a spingere lui a parlare di qualcos’altro, ma poi lui si vedeva che non era capace, o semplicemente avrebbe raccontato da dio quell’aneddoto di prima e gli altri, quelli che lei lo costringeva a raccontare, alla fine si potevano liquidare in poche parole. Nessuno rideva e l’effetto era discutibile.

Un’altra gag del vostro repertorio di duo da intrattenimento era il passato rude di lui con cui si faceva sempre bella figura nei salotti più “in”, niente di paragonabile con quella vostra coppia di amici in cui lui è addirittura un pescatore e lei è una ereditiera, ma quel caso è borderline e dal momento che lui è praticamente analfabeta si corre il rischio dell’effetto contrario. La storia del sempliciotto redento artistoide e self made man ai limiti del working class hero se edulcorata al meglio non ha paragoni dati gli ingredienti con cui la si può condire, senza contare il prezioso lavoro svolto da lei che aveva immesso nella sceneggiatura della di lui vita gli elementi mancanti per farne una storia di successo, come si dice. Lui, molto più remissivo del coriaceo uomo di mare, se ne era imbevuto e si lasciava ora trafiggere ora incensare a seconda di chi vi ospitava a cena.

Poi però, e se vi si frequentava spesso era abbastanza semplice assistere a uno degli episodi in oggetto dal momento che almeno un giorno sì e un giorno no succedeva, ecco l’interruzione del patto di non belligeranza, stilato come sacrificio in cambio di una fruttuosa vita mondana che altrimenti a causa di un comportamento così ostico in pubblico vi sarebbe stata preclusa. Si trattava di momenti in cui non vi scappava nulla di tutte le incongruenze che col tempo stavano sgretolando la vostra unione e pur senza comportamenti ostili si solidificavano in ogni parola, ogni gesto, ogni minimo movimento espressivo del vostri viso. Ma, senza che nessuno poi venisse a saperlo, nei momenti di particolare tensione o stress generato da agenti esterni era chiaro che il risentimento dovuto alla consapevolezza latente di perdere tempo prezioso nel frequentarvi da ormai così tanti anni si presentava tra di voi con le fattezze di un attaccabrighe che vuole alzare il livello dello scontro. E l’ultima volta dev’essere stata fatale.

Avete commesso l’errore di cambiare i piani, mai introdurre il caso in situazioni critiche, in cui è importante programmare al dettaglio e non lasciare nulla alla probabilità perché poi essa si presenta puntuale all’appuntamento con la storia, che è la vostra. Avete deciso di tornare in hotel dalla baia in cui vi eravate recati con una barca a piedi solo perché l’attracco e il successivo rientro sull’imbarcazione sembrava ardimentoso. C’era un sentiero che, a vostra insaputa, era lungo chilometri e chilometri e si insinuava nella macchia mediterranea che pullulava di cartelli di pericolo di incendio. E incendi ce n’erano stati, quell’estate. Così il caldo, il percorso da trekking con scarpe da mare, senz’acqua e nel panico di trovarsi tra le fiamme, o al buio o chissà quale altra tragica coincidenza sono stati lo scenario per la resa dei conti. L’emergenza aveva rotto le barriere inibitorie e il self control di entrambi.

Ma il violento diverbio era durato così a lungo che, paradossalmente, aveva spostato in secondo piano gli altri motivi di preoccupazione fino a quando, esausti dall’odio che vi eravate gettati fuori con veemenza, avevate realizzato di aver ancora molta strada da percorrere, tutta senza nemmeno una parola. E quella storia ha un lieto parziale, però, perché dopo almeno un quarto d’ora nel silenzio irreale del bosco è sbucata una jeep di non si sa quale corpo di protezione forestale del luogo che vi ha caricato a bordo, risparmiandovi l’ultimo tratto che difficilmente avreste sopportato. Nell’abitacolo del fuoristrada l’agente, facendosi capire a tratti, stava riportando un po’ di buonumore anche se il sollievo aveva già compiuto la sua opera di apripista. Fino a quando in camera, ormai era buio e vi era passata la fame, vi siete dati l’una all’altro come se quello fosse il naturale compimento dell’avventura. La camera dava su una altissima scogliera di cui se riporto il nome è facile indovinare il posto in cui si è svolto il tutto, e la mattina successiva c’era il rumore delle onde che così non si sente da nessun’altra parte. Non avete comunque resistito molto dopo quello che forse è stato il momento più bello della vostra relazione, e nemmeno ricordarsi reciprocamente quel clamoroso capovolgimento di sensazioni avrebbe potuto riportare tutto come prima, anche perché un prima da utilizzare come riferimento da seguire non lo avevate mai avuto.